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Il mutuo dissenso nel leasing finanziario

A seguito del mancato pagamento dei canoni di leasing immobiliare da parte della ditta individuale utilizzatrice, le parti hanno sottoscritto, prima, un accordo inteso a disciplinare la prosecuzione del rapporto, con svincolo parziale del pegno costituito a favore della concedente a copertura dei canoni insoluti maturati; poi, le parti hanno dato vita a un negozio solutorio โ€œavendo l’utilizzatrice, con l’assenso della concedente, restituito il bene immobile e cessato il pagamento dei canoniโ€.

Lโ€™utilizzatrice, tuttavia, ha invocato la risoluzione del contratto e chiesto la restituzione integrale dei canoni versati oltre al risarcimento del danno.

La Corte conferma lโ€™applicabilitร  al leasing finanziario cd. traslativo โ€“ quello che al termine del rapporto dietro pagamento di unโ€™ultima rata di solito piรน consistente consente il passaggio della proprietร  del bene allโ€™utilizzatore – lโ€™art. 1526 c.c. co. 2, norma dettata per il contratto tipico della vendita con riserva di proprietร , nella parte in cui consente al giudice di ricondurre ad equitร  la pattuizione che disponga che il concedente possa trattenere i canoni pagati al momento della risoluzione.

La Corte conferma anche lโ€™inapplicabilitร  al leasing traslativo dellโ€™art. 1418 co. 1 in tema di risoluzione (anche) dei contratti a esecuzione continuata o periodica in quanto nel leasing traslativo non vโ€™รจ un rapporto di corrispettivitร  tra le singole prestazioni che, invece, sono inserite nellโ€™ambito di un rapporto in cui รจ compensato tanto il godimento quanto una parte del valore di acquisto.

Infine, la Corte afferma il seguente principio di diritto:

In tema di scioglimento per mutuo consenso, ai sensi dell’art. 1372 c.c., comma 1, del contratto di leasing traslativo, non trova applicazione -neppure analogica- la disposizione dell’art. 1526 c.c.ย che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti contraenti attraverso la restituzione all’utilizzatore delle rate versate ed il riconoscimento al concedente del diritto all’equo compenso per l’uso del bene, difettando nel caso di accordo solutorio l’indefettibile presupposto legale dell’inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore che determina la risoluzione del contratto, atteso che i contraenti -nell’esercizio della loro autonomia negoziale- hanno valutato confacente ai propri interessi non dare ulteriore seguito alla esecuzione del rapporto obbligatorio, ritenendosi soddisfatti dalla parziale attuazione del contratto. In tal caso il contratto solutorio puro -che non contenga ulteriori disposizioni concernenti il rapporto estinto- produce quale unico effetto quello della liberazione delle parti contraenti dall’obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtรน del precedente contratto

Per gli ulteriori spunti in tema di negozio solutorio si rimanda agli stralci della motivazione riportati di seguito

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3.2 Orbene, fermo il consolidato orientamento giurisprudenziale -che non ha subito rimeditazioni neppure dopo l’introduzione nell’ordinamento -tramite ilย D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 59ย – dellaย L. Fall., art. 72 quaterย (cfr. Corteย cass. Sez. 3, Sentenza n. 8687 del 29/04/2015), per cui il contratto di leasing finanziario puรฒ atteggiarsi diversamente secondo che si venga a configurare in base agli accordi delle parti come leasing di puro godimento (in tal senso l’impiego temporaneo da parte dell’utilizzatore esaurisce la funzione economica del bene: Corteย cass. Sez. 1, Sentenza n. 13418 del 23/05/2008) o invece come leasing cd. traslativo (in tal, caso la durata del contratto รจ predeterminata solo in funzione dell’ulteriore differito trasferimento del bene e della rateizzazione del prezzo d’acquisto, caratterizzandosi l’operazione negoziale per il fatto di avere ad oggetto beni atti a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, cosicchรจ i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto: cfr. Corteย cass. Sez. 3, Sentenza n. 4969 del 02/03/2007;ย id. Sez. 1, Sentenza n. 13418 del 23/05/2008;ย id. Sez. 3, Sentenza n. 73 del 08/01/2010;ย id. Sez. 3, Sentenza n. 19287 del 10/09/2010;ย id. Sez. 3, Sentenza n. 19732 del 27/09/2011) e ribadito il principio di diritto secondo cui soltanto alla seconda figura negoziale trova applicazione (in via analogica, in assenza di diversa pattuizione dei contraenti: Corteย cass. Sez. 3, Sentenza n. 73 del 08/01/2010;ย id. Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 09/02/2016; id. Sez. 5 -, Sentenza n. 8110 del 29/03/2017) lo statuto della vendita con riserva della proprietร  e, dunque, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore anche le disposizioni dell’art. 1526 c.c., da ritenersi inderogabili “in pejus” (cfr. Corteย cass. Sez. 3, Sentenza n. 19732 del 27/09/2011), osserva il Collegio che, alla stregua delle indicate premesse in fatto, la tesi difensiva prospettata dal ricorrente con i primi quattro motivi di ricorso -che per la stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente- รจ da ritenersi palesemente destituita di fondamento.

3.3 Contraria a diritto รจ l’affermazione secondo cui il Giudice, nell’applicazione della norma di cui all’art. 1526 c.c., deve prescindere dal concreto assetto negoziale degli interessi risultante dal contratto e dalla sua esecuzione. E’ appena il caso di evidenziare, al proposito, come lo stessoย art. 1526 c.c., al comma 2, richiamato espressamente dal comma 3, riservi alle parti contraenti ampi margini di discrezionalitร  nella definizione degli accordi restitutori in caso di risoluzione del contratto per inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore, anche in deroga alla disciplina del comma 1, riconducendoli -secondo la interpretazione che ne ha fornito questa Corte-nella facoltร  di stipula di una clausola penale, in relazione alla quale al Giudice รจ conferito il potere di “reductio ad aequitatem” della indennitร  convenuta. Lo stesso comma 1 dell’art. 1526 c.c.ย individua un criterio di contemperamento fondato sulla valutazione del risultato negoziale programmato dalle parti, andato deluso dalla anticipata risoluzione del contratto, dovendo bilanciarsi l’obbligo di restituzione delle rate versate con l'”equo compenso” che l’utilizzatore รจ tenuto a corrispondere al concedente per il godimento del bene.

Rimane quindi destituita di fondamento, alla stregua della stessa lettura delle disposizioni dell’art. 1526 c.c., la tesi principale del ricorrente secondo cui la risoluzione del contratto di leasing traslativo imporrebbe sempre e comunque la integrale restituzione di tutti i canoni corrisposti dall’utilizzatore.

3.4 Il dedotto vizio di errore nell’attivitร  di giudizio deve ritenersi infondato anche in relazione alla censura svolta in grado subordinato con la quale si contesta al Giudice di merito di aver confuso la funzione riconosciuta da questa Corte di legittimitร  alla norma di cui all’art. 1526 c.c., comma 2, intesa al controllo mediante la “reductio ad aequitatem” della “indennitร ” pattuita in forma di clausola penale con la definitiva acquisizione -in deroga al comma 1-di tutte le rate dei canoni giร  versate al locatore (lessor), con la diversa funzione, che prescinde del tutto da quella risarcitoria, da riconoscere, invece, alla norma di cui all’art. 1458 c.c., comma 1, -applicabile secondo il ricorrente anche al contratto di leasing traslativo- volta a riequilibrare la originaria posizione delle parti contraenti, tenendo conto delle prestazioni “medio tempore” eseguite.

3.5 Orbene non รจ dubitabile che il controllo del Giudice, rivolto ad impedire illegittime locupletazioni e sperequazioni del concedente in danno dell’utilizzatore, trova giustificazione laddove le parti contraenti abbiano pattuito, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, condizioni che determinino un risultato sproporzionato a favore del contraente-concedente adempiente rispetto al vantaggio consistente nel margine di guadagno che lo stesso si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (cfr. Corteย cass. Sez. 3, Ordinanza n. 18326 del 12/07/2018, richiamata nella motivazione della sentenza di appello).

Nel caso di specie, tuttavia, una volta rigettate entrambe le domande di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento colpevole, reciprocamente formulate dalle parti, ed accertato che il contratto si era invece sciolto per mutuo consenso, non vi era alcuna necessitร  di procedere al controllo di eventuali sperequazioni determinate a seguito di clausole di risarcimento forfetario del danno, risultando negata alla radice la stessa responsabilitร  per colpa dell’utilizzatore per danno patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 1218 c.c., presupposto indefettibile per dare corso alla applicazione dell’art. 1526 c.c., nรจ peraltro veniva in questione la necessitร  di procedere al predetto controllo giudiziale di un eventuale “indebito vantaggio” in relazione alla entitร  dell'”equo compenso” dovuto per il godimento dell’immobile, atteso che le parti nel definire consensualmente lo scioglimento del rapporto non avevano convenuto in proposito alcuna clausola intesa a scindere, nell’ambito delle rate versate, la componente relativa al prezzo di acquisto da quella concernente il godimento del bene, prevedendo un obbligo restitutorio della prima (fatto incontroverso).

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3.9 La decisione della Corte territoriale va dunque confermata nel dispositivo, anche se deve essere corretta la motivazione, alla stregua del seguente principio di diritto:

In tema di scioglimento per mutuo consenso, ai sensi dell’art. 1372 c.c., comma 1, del contratto di leasing traslativo, non trova applicazione -neppure analogica- la disposizione dell’art. 1526 c.c.ย che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti contraenti attraverso la restituzione all’utilizzatore delle rate versate ed il riconoscimento al concedente del diritto all’equo compenso per l’uso del bene, difettando nel caso di accordo solutorio l’indefettibile presupposto legale dell’inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore che determina la risoluzione del contratto, atteso che i contraenti -nell’esercizio della loro autonomia negoziale- hanno valutato confacente ai propri interessi non dare ulteriore seguito alla esecuzione del rapporto obbligatorio, ritenendosi soddisfatti dalla parziale attuazione del contratto. In tal caso il contratto solutorio puro -che non contenga ulteriori disposizioni concernenti il rapporto estinto- produce quale unico effetto quello della liberazione delle parti contraenti dall’obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtรน del precedente contratto“.

4. Rimane, conseguentemente, priva di fondamento anche la censura di violazione dell’art. 1458 c.c.ย per omessa applicazione degli effetti restitutori, in quanto tale norma รจ volta a regolare esclusivamente la fattispecie della risoluzione per inadempimento colpevole del contratto a prestazioni corrispettive, trovando peraltro limite -quanto ai predetti effetti- nelle prestazioni, giร  eseguite, dei “contratti di durata” (comma 1): dovendo ulteriormente precisarsi, a quest’ultimo proposito, come tale limitazione operi laddove il connotato della durata realizzi una effettiva sinallagmaticitร  tra le prestazioni, ipotesi che ricorre soltanto nel caso del leasing finanziario di godimento e non anche nel leasing traslativo, in tal caso trovando regola, la disciplina della risoluzione per inadempimento, esclusivamente nell’art. 1526 c.c.ย concernente la vendita con riserva di proprietร  ed applicabile in via analogica.

Costante รจ infatti la giurisprudenza di questa Corte che nega al leasing traslativo “la natura di contratto ad esecuzione continuata o periodica” ritenendo “inapplicabile il regime dell’art. 1458 c.c., comma 1, seconda ipotesi, non essendo in esso ravvisabile quella perfetta corrispettivitร  a coppie delle prestazioni reciproche e periodiche che caratterizzano invece il leasing tradizionale, poichรจ tali prestazioni non solo non sono separabili giuridicamente ed economicamente dalle precedenti e dalle successive, ma non realizzano costantemente, durante la vita del rapporto, l’equilibrio sinallagmatico tra prestazione e controprestazione, costituendo ciascun canone il corrispettivo sia della concessione in godimento, per la parte giร  eseguita fino al momento della risoluzione, sia del previsto trasferimento della proprietร  del bene, sicchรจ non sussiste equivalenza delle posizioni delle parti al momento dell’anticipata risoluzione del rapporto e difetta quindi il presupposto essenziale per l’applicazione della disciplina dell’art. 1458 citato” (cfr. Corteย cass. Sez. U, Sentenza n. 65 del 07/01/1993, che richiama il precedente di Corteย cass. Sez. 1, Sentenza n. 5572 del 13/12/1989).

4.1 In tema di contratti, lo scioglimento per mutuo dissenso, infatti, in difetto di diversa specifica pattuizione negoziale, non opera retroattivamente a differenza di quanto previsto dalla legge nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento – ed alla cessazione del rapporto non consegue il ripristino dello “status quo ante” che, anzi, deve ritenersi implicitamente escluso per effetto della globale valutazione compiuta dalle parti all’atto della caducazione dell’accordo (cfr. Corteย cass. Sez. 2, Sentenza n. 5065 del 29/04/1993;ย id. Sez. 5, Sentenza n. 20445 del 06/10/2011; id. Sez. 2 -, Ordinanza n. 4827 del 19/02/2019).

4.2 Lo scioglimento del contratto per mutuo dissenso (che puรฒ realizzarsi anche per “facta concludentia”: Corteย cass. Sez. L, Sentenza n. 15959 del 16/08/2004) si sostanzia in un nuovo contratto alla stregua del quale soltanto vanno regolati i “nuovi” effetti che vengono a determinarsi tra gli originari contraenti: sicchรจ se il “contratto solutorio” non contiene ulteriori accordi di natura transattiva e nulla dispone in ordine alla eventuale regolamentazione delle prestazioni giร  eseguite nella vigenza del contratto risolto, allo stesso non puรฒ ricondursi altro effetto che quello della cessazione dei vincoli obbligatori che ancora permangono- del precedente rapporto, dovendo ritenersi che le parti contraenti abbiano ritenuta satisfattiva -secondo la rispettiva valutazione dei propri interessi- la parziale attuazione, fino a quel momento, del rapporto obbligatorio attraverso le prestazioni corrispettive giร  eseguite, rapporto che viene quindi ad estinguersi consensualmente con efficacia “ex nunc ” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 683 del 10/03/1966;ย id. Sez. 3, Sentenza n. 12476 del 11/12/1998), non operando -in assenza di una diversa esplicita volontร  delle parti- la disciplina legale degliย artt. 1458ย eย 1526 c.c.ย che, con disposizioni speciali volte a regolare gli effetti della risoluzione per inadempimento, รจ diretta a privare il titolo negoziale della efficacia obbligatoria, con effetto “ex tunc” richiedendo il ripristino (con eccezione dei rapporti di durata) dei valori patrimoniali dei contraenti nello “statu quo ante” (cfr. Corteย cass. Sez. 2, Sentenza n. 5065 del 29/04/1993).

4.3 Il “negozio solutorio” (art. 1372 c.c., comma 1), considerando esaurita la causa funzionale del precedente contratto, paralizza, infatti, l’ulteriore svolgimento del rapporto obbligatorio, senza incidere sulle prestazioni giร  eseguite, diversamente -quindi- sia dalla risoluzione del contratto, in cui l’originario programma negoziale รจ divenuto inattuabile per fatti oggettivi privando di interesse una attuazione solo parziale; sia dall’altra figura del “contrarius actus” con il quale la parte intende revocare, invece, la precedente manifestazione di volontร , e che, incidendo “ab origine” sulla stessa fattispecie genetica del negozio ne impedisce il perfezionamento; quanto ancora dalle ipotesi dei vizi di invaliditร  assoluta e relativa del negozio che, inficiando direttamente i suoi elementi costitutivi, determinano la caducazione del titolo con effetto retroattivo (“ex tunc”).

5. Nella specie, entrambi i Giudici di merito hanno accertato che alcun accordo modificativo del contratto di leasing traslativo, volto a disporre la prosecuzione del rapporto, era intervenuto tra le parti, e che il rapporto originario doveva invece ritenersi risolto consensualmente “stante l’inequivoca valenza della cessazione del pagamento dei canoni seguita dalla restituzione dell’immobile, nel maggio 2010, con accettazione da parte della locatrice….” (vedi sentenza appello, in motivazione, pag. 6).

Consegue che, in difetto di allegazione e prova di differenti accordi intervenuti tra le parti in ordine alla disciplina delle prestazioni giร  eseguite, il “negozio solutorio” concluso dai contraenti, operando con effetto “ex nunc” la liberazione dal precedente vincolo obbligatorio, escludeva comunque la ripetibilitร  delle prestazioni giร  eseguite, non potendo trovare applicazione a tale fattispecie le norme degliย artt. 1458ย eย 1526 c.c.ย disciplinanti gli effetti restitutori della risoluzione del contratto per inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore.