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Convivenza more uxorio e esimente ex art. 384 c.p.
Corte di Cassazione n. 1825 del 17 gennaio 2020
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Gran parte dei reati contro lβamministrazione giudiziaria (tra cui, nel caso di specie, il favoreggiamento) non sono punibili qualora la condotta sia commessa per la necessitΓ di salvare sΓ© stessi o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertΓ o nell’onore (art. 384 c.p.).
La dottrina Γ¨ divisa sulla natura di tale esimente che Γ¨ ascritta allo stato di necessitΓ o allβinesigibilitΓ della condotta.
Sia che la si intenda come causa di esclusione della colpevolezza sia che la si intenda come causa di esclusione della stessa antigiuridicitΓ del fatto sia che la si ritenga una mera causa di non punibilitΓ , la giurisprudenza ha generalmente escluso la sua applicazione nei confronti di soggetti non espressamente contemplati dalla norma.
CiΓ² sulla base dellβorientamento maggioritario secondo cui il principio di non esigibilitΓ βnon puΓ² trovare collocazione e spazio al di fuori delle cause di giustificazione e delle cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate, in quanto le condizioni e i limiti di applicazione delle norme penali sono posti dalle norme stesse senza che sia consentito al giudice di ricercare cause ultra legali di esclusione della punibilitΓ attraverso l'”analogia jurisβ (v, tra le altre, Cassazione pen., sez. III n. 38593 del 23 gennaio 2018).
Lβordinanza che si annota, peraltro, dΓ atto della sussistenza di un contrasto in merito alla nozione di prossimo congiunto (di cui allβart. 307 c.p.) che non comprende il convivente more uxorio. Due recenti Sentenze, infatti, hanno ritenuto di estendere analogicamente lβapplicazione dellβesimente βin bonam partemβ a favore del convivente more uxorio e ciΓ² sulla base dellβart. 8 CEDU che considera la famiglia βin senso dinamico, come una formazione sociale in perenne divenire, e non come un istituto statico ed immutabile, essendo irrilevante che il rapporto familiare sia sanzionato dall’accordo matrimonialeβ.
La Sezione, nel rinviare la questione alle Sezioni Unite, mostra di preferire lβinterpretazione letterale (che non include il convivente tra i prossimi congiunti) e rammenta che tale esclusione Γ¨ stata ritenuta legittima dalla Corte costituzionale (ord. n. 121/2004 e Sent. n. 140/2009) per le sostanziali differenze che sussistono tra la famiglia legittima, protetta direttamente dallβart. 29 Cost., e la mera convivenza che Γ¨ protetta solo dallβampia formulazione dellβart. 2 della Costituzione. La scelta del legislatore di non estendere lβesimente al convivente ha, quindi, superato il vaglio di ragionevolezza per la non omogeneitΓ delle situazioni contemplate. Γ anche precisato che la parificazione del convivente al coniuge non Γ¨ possibile in via interpretativa, trattandosi di norma eccezionale insuscettibile di applicazione analogica, e non Γ¨ necessitata dallβart. 8 CEDU come riconosciuto dalla stessa Corte di Strasburgo allorchΓ© ha stabilito che gli stati ben possono limitare la facoltΓ di astensione nel testimoniare ai soli coniugi e ai conviventi registrati. La cd. Legge CirinnΓ , poi, (d.lgs. 6/2017) ha esteso lβesimente ai soli soggetti legati da unβunione civile sulla base di una chiara scelta legislativa che non puΓ² essere disattesa dal Giudice (con lβeccezione della Corte costituzionale se sarΓ nuovamente chiamata a pronunciarsi in materia).
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β¦Due β¦ recenti decisioni hanno espresso un opposto orientamento. Secondo Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Agostino e altri, Rv. 264630, in tema di favoreggiamento personale, la causa di non punibilitΓ prevista dall’art. 384, comma primo, cod. pen. in favore del coniuge opera anche in favore del convivente “more uxorio” confutando l’attualitΓ dell’opinione espressa dal Giudice delle leggi in ordine alla concezione di famiglia cui fare riferimento e richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale considera la famiglia in senso dinamico, come una formazione sociale in perenne divenire, e non come un istituto statico ed immutabile, essendo irrilevante che il rapporto familiare sia sanzionato dall’accordo matrimoniale;
Β nello stesso solco si Γ¨ posta Sez. 6 n. 11476 del 19/09/2018, Cavassa Samuel, Rv. 275206 che ha affermato che la causa di non punibilitΓ prevista dall’art. 384 cod. proc. pen. Γ¨ applicabile anche nei confronti dei componenti di una famiglia di fatto e dei loro prossimi congiunti, dovendosi recepire un’interpretazione “in bonam partem” che consenta la parificazione, sul piano penale, della convivenza “more uxorio” alla famiglia fondata sul matrimonio, argomentandosi che l’equiparazione ai coniugi dei soli componenti di un’unione civile, prevista dal d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6, non esclude l’estensione della causa di non punibilitΓ ai conviventi “more uxorio”, trattandosi di soluzione giΓ consentita dal preesistente quadro normativo, oltre che dalla nozione di famiglia desumibile dall’art.8 CEDU, ricomprendente anche i rapporti di fatto.
3. Le due decisioni innovative sono state criticate dalla dottrina secondo la quale il discostamento dal precedente consolidato orientamento, innanzitutto, si pone in tensione con le regole generali dell’interpretazione estendendo oltre il dato letterale una norma eccezionale e tassativa quanto ai soggetti che la possono invocare, tanto da far prospettare – all’epoca della prima delle due decisioni – un necessario interpello della Giudice delle leggi o un piΓΉ auspicabile intervento del legislatore. Con riferimento alla ultima decisione del 2019 Γ¨ stato osservato che la riscrittura giurisprudenziale dell’esimente in parola involge poteri dei quali Γ¨ istituzionalmente affidataria la Corte Costituzionale per superare i limiti che il giudice comune incontra nella Β«correzioneΒ» delle norme.
4. Le critiche della dottrina, peraltro, appaiono in linea con lo specifico orientamento di legittimitΓ – riguardante il tema della c.d. inesigibilitΓ della condotta, ambito nel quale la prevalente dottrina situa la disposizione in parola – secondo il quale il principio della non esigibilitΓ di una condotta diversa – sia che lo si voglia ricollegare alla “ratio” della colpevolezza riferendolo ai casi in cui l’agente operi in condizioni soggettive tali da non potersi da lui “umanamente” pretendere un comportamento diverso, sia che lo si voglia ricollegare alla “ratio” dell’antigiuridicitΓ riferendolo a situazioni in cui non sembri coerente ravvisare un dovere giuridico dell’agente di uniformare la condotta al precetto penale – non puΓ² trovare collocazione e spazio al di fuori delle cause di giustificazione e delle cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate, in quanto le condizioni e i limiti di applicazione delle norme penali sono posti dalle norme stesse senza che sia consentito al giudice di ricercare cause ultralegali di esclusione della punibilitΓ attraverso l'”analogia juris” (Sez. 3, n. 38593 del 23/01/2018, Del Stabile, Rv. 273833).
5. Ove si dovessero, in qualche modo, ritenere superabili il limite letterale e la natura eccezionale della norma in parola, la interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dichiaratamente posta a base dell’orientamento innovativo e l’obiettivo dell’ermeneusi, vanno confrontati – da un lato, come ricordato dalla sentenza Migliaccio – con i ripetuti interventi della Corte Costituzionale che ha ritenuto costituzionalmente non illegittima l’esclusione dal novero dei soggetti indicati dall’art. 384, comma 1, cod. pen. con riferimento all’art. 307, comma 4, cod. pen. del convivente di fatto giustificando il diverso trattamento delle diverse situazioni e non costituendo l’estensione una soluzione costituzionalmente necessaria; dall’altro, con la decisione espressa dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo nel caso Van der Heijden v. Netherlands del 3 aprile 2012 che ha escluso la violazione dell’art. 8 CEDU laddove la legislazione interna costringa una persona a testimoniare nell’ambito di procedimenti penali a carico del convivente senza conferirle la facoltΓ di astensione riconosciuta invece al coniuge e al convivente registrato. Con tale ultima decisione, si Γ¨ annotato, la Corte di Strasburgo, seguendo la dottrina del margine di apprezzamento riservato agli Stati, ha in qualche misura fornito argomenti per sostenere la non irragionevolezza di trattamenti differenziati fra coniugi e conviventi, quantomeno nel settore processuale.6. La dichiarata interpretazione valoriale a sostegno della innovazione deve, inoltre, confrontarsi con quanto emerge dal piΓΉ recente intervento legislativo del d.leg.vo n. 6 del 2017, conseguente alla c.d. legge CirinnΓ del 2016 (Β«Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenzeΒ»), con il quale si Γ¨ ampliata la cerchia dei Β«prossimi congiuntiΒ» per ricomprendervi i soggetti uniti civilmente e non anche i conviventi di fatto. A tal proposito, la dottrina ha osservato che quella compiuta dal legislatore delegato del 2017 nell’ammodernare il concetto di prossimitΓ con il riferimento alla sola parte dell’unione civile, Γ¨ stata una scelta ben precisa – e non una svista involontaria – derivante dal limitato oggetto della delega legislativa, che non lasciava all’esecutivo alcun margine per includere anche i conviventi more uxorio nell’articolo 307, comma 4, cod. pen. 7. Ritiene, pertanto, il Collegio che il rilevato contrasto giurisprudenziale – che esplicita l’emersione di questioni che coinvolgono lo stesso esercizio della funzione nomofilattica in rapporto ai suoi presupposti, contenuti e limiti – impone di sottoporre alle Sezioni unite la seguente questione di diritto: Β« se l’ipotesi di cui all’art. 384, comma 1, cod. pen. sia applicabile al convivente more uxorioΒ».
Corte di Cassazione n. 1825 del 17 gennaio 2020