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Non Γ¨ configurabile il delitto di truffa nel caso in cui lβagente ottenga una decisione a lui favorevole in altro giudizio mediante artifici e raggiri idonei a trarre in inganno il giudice.
a cura dellβavvocato Paolo Vincenzo Rizzardi
#truffa #delittotentato #decretoingiuntivo #art.640c.p. #art.56c.p
Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza n. 35943 del 22/06/2022
La pronuncia in commento conferma lβattuale orientamento prevalente della giurisprudenza che ritiene non configurabile il delitto di truffa nellβipotesi in cui lβagente ottenga una decisione a lui favorevole in un giudizio civile mediante artifici e raggiri idonei a trarre in inganno il giudice procedente.
Il caso di specie origina dellβimpugnazione della sentenza della Corte di Appello di Milano che, confermando la decisione del Tribunale di Monza, assolveva la signora M.S.E. dal reato di cui agli articoli 56 e 640 c.p.
Al riguardo, lβimputata, dopo aver ottenuto in modo fraudolento l’emissione di un decreto ingiuntivo, avente ad oggetto somme di denaro che non le spettavano, poneva in essere una serie di condotte (notifica del decreto ingiuntivo al R. in un indirizzo diverso da quello di dimora, notifica agli eredi R.A. e R.V. del decreto ingiuntivo e dell’atto di precetto, pignoramento di parte dell’asse ereditario) necessarie a portare ad esecuzione il provvedimento giurisdizionale indebitamente ottenuto.
Sul punto, il collegio, oltre a condividere il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ritiene che il soggetto indotto in errore dalla condotta dellβimputata sia il giudice e non gli eredi. AltresΓ¬, la pronuncia evidenzia che non Γ¨ possibile sussumere il decreto ingiuntivo tra gli atti di disposizione patrimoniale, in quanto esso non esprime unβattribuzione patrimoniale, propria dellβautonomia privata. CiΓ² conduce a sostenere lβinsussistenza dellβelemento materiale della truffa.
βQuesto Collegio condivide il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione secondo cui non Γ¨ configurabile la truffa processuale nel caso in cui l’agente ottenga una decisione a lui favorevole in un giudizio civile, mediante artifici e raggiri idonei a trarre in inganno il giudice procedente; tale condotta non integra, infatti, uno degli elementi essenziali del delitto previsto e punito dall’art. 640 c.p.Β ossia il compimento cli un atto di disposizione patrimoniale da parte del soggetto tratto in inganno dalla condotta illecita posta in essere dall’imputato. (vedi fra le altre Sez. 2, n.:39314 del 09/07/2009, Rv. 24529101: “La condotta di chi, inducendo in errore il giudice in un processo civile o amministrativo mediante artifici o raggiri, ottenga una decisione favorevole non integra il reato di truffa, per difetto dell’elemento costitutivo dell’atto di disposizione patrimoniale, anche quando Γ¨ riferita all’emissione di un decreto ingiuntivo, poichΓ© quest’ultima attivitΓ costituisce esercizio della funzione giurisdizionale”).
[…]La natura giurisdizionale del decreto ingiuntivo non permette, pertanto, di ritenere la disposizione patrimoniale cui erano tenuti gli odierni ricorrenti come atto espressivo di autonomia privata con conseguente insussistenza dell’elemento materiale del reato di truffa. PerchΓ© si possa parlare di atto di disposizione patrimoniale idoneo a perfezionare l’elemento costitutivo implicito della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 640 c.p., e’, infatti, necessario che la persona offesa, a causa di un errore indotto da una condotta fraudolenta, ponga in essere un atto volontario causativo di un proprio danno patrimoniale. Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251499 – 01)β.
Tanto premesso, la Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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