๐‹๐š ๐ฉ๐ข๐ฅ๐ฅ๐จ๐ฅ๐š ๐๐ข ๐๐ข๐ซ๐ข๐ญ๐ญ๐จ ๐๐ž๐ฅ ๐Ÿ๐ŸŽ ๐๐ข๐œ๐ž๐ฆ๐›๐ซ๐ž ๐Ÿ๐ŸŽ๐Ÿ๐Ÿ—: Differenza tra dolo e preterintenzione

Differenza tra dolo e preterintenzione

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Nel caso in cui lโ€™agente abbia spinto per le scale la vittima allโ€™esito di unโ€™aggressione dai contorni fattuali non del tutto chiari, il giudice deve considerare lโ€™elemento psicologico al momento dellโ€™azione che ha cagionato la morte (spinta) e non allโ€™inizio dellโ€™aggressione (allorchรฉ lโ€™imputata ha iniziato a rincorrere la vittima).

Se al momento dellโ€™azione (spinta), lโ€™aggressore ha previsto lโ€™evento morte accettando il rischio della sua verificazione, risponderร  di omicidio volontario (art. 575 c.p.) e non di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.). La preterintenzione, infatti, richiede che, al momento dellโ€™azione โ€œdiretta a commettereโ€ il delitto di percosse o di lesioni, vi sia una totale assenza di volontร  omicida (lโ€™evento morte non deve essere previsto dallโ€™agente).

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Come anticipato, la diversa qualificazione giuridica della condotta omicidiaria da parte dei due giudici di merito si fonda sul dolo dell’agente, atteso che entrambi hanno applicato il principio indiscusso in base al quale ricorre il delitto di omicidio volontario – e non quello di omicidio preterintenzionale, caratterizzato dalla totale assenza di volontร  omicida – qualora la condotta dell’agente, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte del medesimo anche solo dell’eventualitร  che dal suo comportamento potesse derivare la morte del soggetto passivo (Sez. 1, n. 3619 del 22/12/2017 – dep. 25/01/2018, Marini e altro, Rv. 272050; Sez. 1, n. 36949 del 24/09/2014 – dep. 14/09/2015, Pollidoro e altro, Rv. 265122): il criterio distintivo tra l’omicidio preterintenzionale e l’omicidio volontario risiede, quindi, nel fatto che, nel primo caso, la volontร  dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte, mentre, nel secondo, la previsione dell’evento รจ necessaria e deve essere accertata in concreto, non essendo sufficiente la semplice prevedibilitร  dello stesso (Sez. 1, n. 4425 del 05/12/2013 – dep. 30/01/2014, Cutrufello e altri, Rv. 259014).

Di conseguenza, lo snodo decisivo per la decisione sul punto era costituito dall’individuazione delle cause della caduta della vittima dalle scale del parcheggio, poichรฉ erano state le lesioni conseguenti a tale caduta a provocare la morte della C.. Ebbene, come giร  si รจ trattato affrontando il ricorso della difesa dell’imputata, i giudici di merito concordano sul fatto che la vittima non fosse scivolata, nรฉ avesse perso l’equilibrio, ma fosse stata spinta volontariamente dalla M. giรน dalle scale, urtando in maniera violentissima con la parte posteriore del cranio sul pianerottolo. La Corte territoriale doveva confrontarsi con le considerazioni della sentenza di primo grado che, dopo avere correttamente ribadito la sussistenza del delitto di omicidio volontario nel caso in cui l’agente, “pur non avendo l’intenzione diretta di provocare la morte della vittima, รจ in possesso di tutti gli elementi per prevedere il tragico epilogo e, nonostante ciรฒ, agisce ugualmente, accettando il rischio che la sua azione, nei modi in cui รจ posta in essere, possa avere le tragiche conseguenze verificatesi effettivamente”, osservava che, nel caso di specie, sussistevano i presupposti dell’omicidio volontario “atteso che, chiunque abbia uso di ragione e di esperienza media sa benissimo che, scaraventando violentemente dalle scale una persona, di mezza etร  e giร  stordita per la frattura dello zigomo e delle ossa nasali, puรฒ provocare fratture craniche mortali; nel caso in esame, le modalitร  brutali con cui l’imputata ha aggredito la C. fino a spingerla per le scale (…) dimostrano senza dubbio che la concreta possibilitร  dell’evento mortale fu ben presente nell’imputata come rischio realisticamente possibile, previsto ed accettato”.

La Corte territoriale, al contrario, esclude “che l’intento dell’imputata fosse anche solo in via eventuale, quello di cagionare la morte della vittima”: frase non del tutto chiara, mostrando il tentativo di comprendere sia l’ipotesi del dolo eventuale che quella del dolo intenzionale; in effetti, nonostante l’art. 43 cod. pen. faccia coincidere delitto doloso e delitto “secondo l’intenzione”, nell’omicidio con dolo eventuale la morte รจ un evento preveduto ed accettato come possibile dall’agente che, nonostante ciรฒ, mette in atto la condotta; non invece un evento direttamente perseguito con l’azione.

La mancanza di chiarezza si coglie nel passaggio immediatamente successivo della motivazione: “Le circostanze (…) non lasciano spazio all’ipotesi sostenuta dall’Accusa, secondo cui l’imputata avrebbe deciso di cogliere di sorpresa la vittima sulle scale per ucciderla”.

Questa considerazione fa “retroagire” l’analisi del dolo al momento in cui l’imputata, avendo visto la C. imboccare le scale, aveva deciso di recarsi ella stessa verso le scale e di salirle per incontrarla: al contrario, il dolo deve essere valutato nel momento della condotta, cioรจ in quello in cui la M. pose in atto la condotta di spingere la C. giรน dalle scale; al contrario รจ irrilevante che, in un momento precedente, l’imputata avesse giร  deciso di uccidere la collega o avesse giร  immaginato di spingerla giรน dalle scale: non a caso, il Giudice di primo grado aveva espressamente riconosciuto il dolo d’impeto dell’imputata, rappresentato efficacemente dalla testimonianza dell’automobilista in cerca di parcheggio che aveva visto la M. improvvisamente cambiare direzione e dirigersi verso le scale; ma, appunto, anche se in quel momento l’imputata non avesse immaginato l’azione che poi avrebbe compiuto (magari avendo deciso soltanto, senza riflettere, di scontrarsi con la C.), ciรฒ non avrebbe inciso sul dolo che nel processo rilevava, quello di chi spinge l’avversario giรน dalle scale. Soprattutto, non sussiste il dolo omicidiario soltanto nel caso in cui l’agente vuole uccidere la vittima (“avrebbe deciso di cogliere di sorpresa la vittima sulle scale per ucciderla”), ma anche nel caso in cui, come giร  osservato, la morte come conseguenza della condotta sia soltanto prevista ed accettata come possibile: cosicchรฉ l’osservazione immediatamente successiva (“se la M. avesse voluto veramente spingere all’improvviso la vittima” l’avrebbe seguita e colpita alle spalle) รจ totalmente incongrua rispetto alla motivazione della sentenza di primo grado e, addirittura, ipotizza una premeditazione o una preordinazione della condotta omicidiaria che il Giudice dell’udienza preliminare aveva espressamente escluso.