𝐋𝐚 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝟏 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐥𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟎

Domanda: 𝐂𝐚𝐢𝐨, 𝐭𝐢𝐭𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧’𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐚 𝐞𝐝𝐢𝐥𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐚 𝐓𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐮𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐞𝐧𝐨, 𝐬𝐢 𝐢𝐦𝐩𝐞𝐠𝐧𝐚 𝐚 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐟𝐞𝐫𝐢𝐫𝐠𝐥𝐢 𝐮𝐧 𝐢𝐦𝐦𝐨𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐫𝐚̀ 𝐬𝐮 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐨. 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐟𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨,𝐂𝐚𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐢𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐚 𝐌𝐞𝐯𝐢𝐚, 𝐬𝐨𝐫𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐓𝐢𝐳𝐢𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐚 𝐯𝐚𝐥𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐢𝐭𝐮̀ 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐞𝐧𝐨. 𝐃𝐢 𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐥 𝐫𝐢𝐟𝐢𝐮𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐂𝐚𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐟𝐞𝐫𝐢𝐫𝐠𝐥𝐢 𝐥’𝐢𝐦𝐦𝐨𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐌𝐞𝐯𝐢𝐚, 𝐓𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐬𝐢 𝐫𝐞𝐜𝐚 𝐝𝐚 𝐥𝐮𝐢 𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐟𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐨, 𝐨𝐧𝐝𝐞 𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 “𝐬𝐢 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐦𝐚𝐥𝐞”. 𝐂𝐢𝐨̀ 𝐧𝐨𝐧𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞, 𝐂𝐚𝐢𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐚𝐠𝐚. 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐓𝐢𝐳𝐢𝐨?

Risposta: dipende da come si concepisce il confine tra i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle persone (art. 393 c.p.) e di estorsione (art. 629 cp.).

Sul punto vige un contrasto di giurisprudenza, la cui definizione è stata rimessa alle Sezioni Unite dalla recentissima ord. Cass. 50696/2019 (che si riferisce a un caso solo simile a quello sopra rielaborato, in quanto realizzato a titolo di concorso).

Risistemando i dati forniti da quest’ultima pronuncia, emerge che:

1. a) per un primo orientamento, il confine si stabilisce secondo la “gravità della violenza o della minaccia”, intesa come dato rilevante, a seconda della sentenza considerata, sul piano oggettivo (giacché una violenza o minaccia grave implica l’ingiustizia del profitto richiesta dall’art. 629 c.p., mentre una violenza o minaccia non grave è compatibile con la giustizia del profitto sottintesa dall’art. 393 c.p.); oppure sul piano soggettivo(giacché una violenza o minaccia grave è indice del dolo di estorsione, mentre una violenza o minaccia non grave è indice del dolo di esercizio arbitrario). Nel caso di specie, la minaccia, in quanto evocante un serio danno fisico per il suo destinatario, si presenta sommamente grave e dà luogo pertanto al reato di estorsione, sia pure nella forma tentata (data la resistenza di Caio);
2. b) per un secondo orientamento, invece, il confine tra i due reati si stabilisce sul piano soggettivo, secondo la finalità perseguita dall’agente, nel senso che, mentre nell’esercizio arbitrario l’agente mira a realizzare una posizione tutelabile davanti all’autorità giudiziaria, nell’estorsione mira a soddisfare una pretesa non giustiziabile. Nel caso di specie, trattandosi di pretesa giustiziabile, cioè soddisfacibile attraverso l’eventuale riconoscimento in giudizio del carattere ingiustificato dell’inadempimento della promessa di trasferimento da parte di Caio, la minaccia di Tizio dà luogo a un tentativo di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (la cui configurabilità è ammessa dalla giurisprudenza prevalente della S.C.: cfr. Cass. 29260/2018).