𝐋𝐚 𝐩𝐢𝐥𝐥𝐚𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝟏𝟐 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐥𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟎: Poteri statali, regionali e comunali nella gestione dell’emergenza da COVID19

Poteri statali, regionali e comunali nella gestione dell’emergenza da COVID19

di Luca Cestaro

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Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 735 del 7 aprile 2020
a. Il potere di annullamento straordinario del Governo; b. I profili di illegittimità costituzionale dell’ordinanza del Comune di Messina; c. La ricostruzione dei poteri emergenziali; d. Il Consiglio di Stato sull’ordinanza messinese

 

a. Il potere di annullamento straordinario del Governo

Il presente approfondimento si riferisce al parere richiesto dal Governo circa l’annullamento straordinario dell’ordinanza n. 105 del 5 aprile 2020 con cui il Comune di Messina imponeva a tutti coloro che intendessero andare in Sicilia attraverso il Porto di Messina di registrarsi sul sito del Comune e di attendere il nulla osta da rilasciarsi da parte dello stesso ente locale.

Il 9 aprile 2020, l’ordinanza Ú stata annullata con decreto del Presidente della Repubblica che ha recepito il parere in commento.

La Sezione ricostruisce il regime giuridico dell’annullamento straordinario da parte del Governo ai sensi dell’art. 138 del d.lgs. 267/2000 (e dell’articolo 2, comma 3, lettera p, della legge 23 agosto 1988, n. 400) ribadendone la natura di atto di alta amministrazione e la funzione di strumento (appunto) straordinario per eliminare atti che, non semplicemente illegittimi, concretizzino una “lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento nazionale”.

Quindi, il Consiglio di Stato passa a stigmatizzare i plurimi profili di illegittimità dell’atto dell’Ente locale.

 

b. I profili di illegittimità costituzionale dell’ordinanza del Comune di Messina

In primo luogo, l’atto Ú ritenuto illegittimo nella misura in cui ha un’efficacia che trascende il territorio comunale: il mero attraversamento dell’agro comunale poiché compreso nelle “reti di comunicazione” non legittima l’ente locale a emanare disposizioni che, applicandosi a tutti coloro che attraversano lo stretto di Messina, trascendano la competenza territoriale dell’ente.

In secondo luogo, sono imposti degli obblighi che non trovano una base legislativa; il fondamento legislativo Ú, infatti, richiesto dall’art. 23 della Costituzione, con riferimento a ogni tipo di prestazione “imposta”, e dagli artt. 13 e 16 con riferimento alle limitazioni della libertà personale e (soprattutto) della libertà di circolazione (nel decreto di annullamento viene menzionata espressamente la sola lesione dell’art. 16 Cost. che, indubbiamente, Ú quella più evidente).

Ancora, l’ordinanza contrasta con la disciplina, di derivazione comunitaria, in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003) che rientra tra le materie riservate alla potestà legislativa statale e che richiede una base di legge statale per l’introduzione di un sistema di raccolta generalizzata dei dati di chiunque attraversi lo stretto nell’esercizio del diritto costituzionale alla libera circolazione. Va aggiunto che la disciplina della protezione dei dati ha senz’altro rilievo costituzionale costituendo la principale manifestazione della tutela del diritto alla riservatezza, incluso tra i diritti fondamentali (art. 2 Cost.).

Infine, continua il parere, risultano violate le attribuzioni statali esclusive in materia di ordine e sicurezza pubblici nonché di profilassi internazionale (art. 117 Cost. lett. q).

 

c. La ricostruzione dei poteri emergenziali

Di grande interesse Ú la ricostruzione fornita in merito all’articolazione dei poteri emergenziali sul territorio. Si tratta, infatti, della prima pronuncia che affronta nel merito e, quindi, più approfonditamente il riparto dei poteri tra Stato, Regioni ed Enti locali in questa fase emergenziale.

Il dibattito dottrinario sul punto Ú tracimato in qualche presa di posizione richiamata anche dai media generalisti, ma, ad oggi, il giudice amministrativo Ú stato investito della questione solo in sede cautelare, dove ha assunto un peso preponderante l’aspetto del “periculum in mora” senza che ci sia spinti a esaminare funditus la portata dei poteri emergenziali regionali e degli Enti locali. Segnaliamo, per un approfondimento del tema, i contributi pubblicati su questa stessa rivista, entrambi del Consigliere Arcangelo Monaciliuni: Il potere di ordinanza nell’era del coronavirus; Lo ius (mal) positum non ricompone le fratture fra Stato e Regioni.

Il punto di partenza per ricostruire l’attuale assetto dei poteri Ú il D.L. n. 19 del 25 marzo 2020 che, agli articoli 2 e 3:

I. demanda al Presidente del Consiglio dei Ministri l’adozione delle misure idonee a gestire l’emergenza (su proposta o sentiti i Presidenti delle regioni interessate, allorché le misure riguardino esclusivamente alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle Province autonome nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale);

II. prevede che le Regioni possano adottare disposizioni più restrittive di quelle misure nazionali solo:

    1. nelle more dell’adozione degli atti del Governo;
    2. in relazione a specifiche condizioni che determinino l’aggravamento del rischio sanitario nel territorio regionale o in parte di esso;
    3. nell’ambito delle attività di competenza regionale;
    4. senza incidere sulle attività produttive né su quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale;

III. vieta ai Sindaci di adottare ordinanze contigibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali o eccedendo i limiti già posti per le Regioni;

IV. prevede che i limiti appena enunciati si applichino con riferimento a tutti gli atti posti in essere “per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”.

Va segnalata quest’ultima precisazione; essa si discosta significativamente dall’abrogato art. 3 co. 2 del D.L. n. 6/2020 che – pur sempre nelle more dell’adozione dei decreti del PdCM – faceva salvo, nei casi di estrema necessità e urgenza, il potere di ordinanza sanitaria regionale di cui all’art. 32 della L. 833/1978. La salvezza espressa Ú scomparsa e, anzi, Ú chiarito che i limiti introdotti con il decreto di più recente conio (19/2020) si riferiscono ai poteri attribuiti da “ogni disposizione di legge previgente”, formulazione che esprime la chiara volontà del Governo di contenere l’“esuberanza provvedimentale” degli amministratori regionali e locali.

Significativamente, l’ultimo d.P.C.M. del 10 aprile 2010 (adottato ai sensi dell’art. 1 del D.L. 19/2020)fa salve le disposizioni più restrittive adottate dalle Regioni ma solo “relativamente a specifiche aree del territorio regionale”. Le ordinanze riferibili all’intero territorio regionale e che si pongano in contrasto con le misure di cui ai decreti del Governo (ora, del decreto del 10 aprile 2020) dovrebbero, quindi, essere considerate prive di efficacia a partire, quanto meno, dall’entrata in vigore dell’ultimo d.P.C.M. (quindi, dal 14 aprile).

 

d. Il Consiglio di Stato sull’ordinanza messinese

Declinando i limiti del potere poc’anzi descritti, la Sezione consultiva rileva che l’ordinanza messinese Ú illegittima poiché:

I) incide sulle attività produttive e di rilevanza strategica per l’economia nazionale (transito e trasporto merci nello stretto di Messina);

II) non adduce «specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso” che sole avrebbero potuto legittimare l’adozione, “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento”», di “misure ulteriormente restrittive”.

Inoltre, si afferma che “vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”.

Ulteriore affermazione degna di nota Ú che le circostanze relative all’aggravamento del rischio sanitario sul territorio regionale, “in applicazione delle ordinarie regole sulla motivazione del provvedimento amministrativo, non devono solo essere enunciate ma anche dimostrate”.

Il Consiglio di Stato, in sostanza, si Ú fatto carico non solo di ricostruire il farraginoso regime emergenziale che ha creato incertezze applicative al limite del paradossale (le epopee delle autocertificazioni e dei chiarimenti nazionali, regionali e comunali potrà essere oggetto di maggiore approfondimento al termine dell’emergenza), ma anche di ribadire l’esigenza che l’ordinamento resti unitario, pur nel rispetto “delle autonomie costituzionalmente tutelate”.

Per quanto sia di inedita complessità la gestione dell’emergenza sanitaria in atto, i poteri pubblici dovranno, quindi, coordinarsi e la polemica, anche politica, tra centro, regioni ed autonomie non dovrebbe più determinare l’emanazione di disposizioni di contenimento regionali che introducano per l’intero territorio regionale delle disposizioni più restrittive di quelle nazionali. Il condizionale Ú d’obbligo alla luce dell’andamento del dibattito sull’apertura delle librerie in alcune regioni.

A noi, oltre che sperare nella rapida conclusione di questa tragica emergenza sanitaria, non resta che seguire l’appassionante susseguirsi di decreti e ordinanze con la speranza che chi si trova nella difficile posizione di governare rammenti che le disposizioni devono essere effettive e che, per esserlo, esse dovrebbero prima di tutto essere comprensibili da parte dei cittadini.