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Frode e inadempimento in pubbliche forniture: profili differenziali

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Corte di Cassazione, sez. VI penale, Sentenza n. 29374 del 22.10.2020

1.La fattispecie esaminata dalla Corte รจ relativa allโ€™applicazione del reato di cui allโ€™art. 356 c.p. (Frode in pubbliche forniture: โ€œchiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente, รจ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro 1.032โ€) il cui campo di applicazione รจ difficilmente distinguibile, nellโ€™applicazione giurisprudenziale, al reato di cui allโ€™articolo precedente (art. 355 c.p., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture: โ€œChiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessitร , fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio, รจ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103 โ€ฆโ€)

2. La Sezione richiama lโ€™esistenza di due orientamenti in materi

a.Per un primo orientamento, il reato di frode in pubbliche forniture รจ integrato dallโ€™inadempimento doloso delle obbligazioni dovute alla pubblica amministrazione; in particolare, sarebbe sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza di consegnare cose in tutto od in parte difformi (per origine, provenienza, qualitร  o quantitร ) in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo, non occorrendo necessariamente la dazione di “aliud pro alio” in senso civilistico o un comportamento subdolo o artificioso.

Non sarebbe, quindi, necessario un comportamento subdolo o artificioso, ma basterebbe una qualunque violazione contrattuale, a prescindere dal proposito dell’autore di conseguire un indebito profitto o dal danno patrimoniale che possa derivare all’ente committente.

b. Un secondo orientamento, invece, valorizza lโ€™uso codicistico del termine โ€œfrodeโ€; non sarebbe sufficiente, quindi, un โ€œsemplice inadempimento del contrattoโ€, ma deve ricorrere unโ€™ipotesi di โ€œmalafede contrattuale, intesa, perรฒ, come espediente malizioso o inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assuntiโ€. รˆ necessaria, quindi, la creazione di una situazione di ยซapparenza ingannatoriaยป ai danni della pubblica amministrazione, frutto di una condotta difforme dal principio di buona fede nell’esecuzione del contratto. Per questo secondo orientamento, non basta il mero inadempimento, pur consapevole, ma รจ necessaria la ricorrenza di una condotta ingannatoria. Tale condotta, peraltro, non deve raggiungere la consistenza degli artifici o dei raggiri propri del reato di truffa; รจ sufficiente che essa si manifesti mediante un espediente malizioso o ingannevole idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.

3. La Corte aderisce a questโ€™ultimo orientamento e riforma la Sentenza di secondo grado che aveva condannato lโ€™impresa che, nella ristrutturazione di un palazzetto, aveva utilizzato un materiale diverso da quello promesso, circostanza che aveva determinato lo scoperchiamento parziale del tetto. Nel caso in esame, infatti, i vizi erano riconoscibili, sono effettivamente stati riconosciuti dellโ€™immediatezza e lโ€™impresa non ha disconosciuto lโ€™inadempimento a cui ha tentato di porre rimedio; โ€œnessun vizio occulto e nessun espediente malizioso o ingannevole fu posto in essere al fine di far apparire l’esecuzione del contratto come fosse conforme agli obblighi assuntiโ€.