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La revoca dellβapertura di credito e la buona fede esecutiva
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Corte di Cassazione, sez. I civile, Ordinanza n. 29317 del 22.12.2020
1 – Al correntista che aveva ripetutamente sforato lβapertura di credito concessa, la banca ha revocato lβapertura di credito dopo averlo diffidato a saldare il debito entro dieci giorni.
In primo grado, il correntista si era visto riconoscere un risarcimento per la revoca, ritenuta contraria a buona fede; tale interpretazione era stata, invece, ribaltata dalla Corte dβAppello che ha ritenuto legittima la revoca.
La Corte di Cassazione, nel confermare la Sentenza dβappello, effettua alcune interessanti puntualizzazioni.
2 β La Sezione rammenta, nellβesaminare la domanda sulla violazione della buona fede contrattuale, che lβobbligo di buona fede Γ¨ definito da una norma βelasticaβ che indica, cioΓ¨, solo un parametro generale che richiede, da parte del giudice,βun’attivitΓ di integrazione giuridica della norma, a cui viene data concretezza ai fini del suo adeguamento ad un determinato contesto storico-socialeβ. In tali casi, la censurabilitΓ in cassazione di tali giudizi Γ¨ ammessa solo quando gli stessi si pongano in contrasto con i principi dell’ordinamento (espressi dalla giurisdizione di legittimitΓ ) e con quegli “standard” valutativi esistenti nella realtΓ sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente.In particolare, qualora la fattispecie sia idonea a fungere da modello generale di comportamento in una serie indeterminata di casi analoghi, βlΓ si ravvisa allora un giudizio di diritto e la necessitΓ dell’intervento nomofilattico della Cassazione, al fine di garantire la prevedibilitΓ delle future decisioni, posto che si tratta d’integrare il contenuto della norma indeterminata o della clausola generale predettaβ.
Il caso specifico, evocativo di un criterio generale di interpretazione dellβobbligo di buona fede, rientra, quindi, nel giudizio di diritto affidato alla Corte di Cassazione.
3 β La questione viene, allora, esaminata dalla Corte che ribadisce lβapplicazione, al caso di specie, del terzo comma dellβart. 1845 c.c. secondo cui βse l’apertura di credito Γ¨ a tempo indeterminato, ciascuna delle parti puΓ² recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorniβ. Il dettato della norma non impedisce che il recesso β qualora assuma connotati del tutto arbitrati e imprevisti β sia giudicato contrario alla cd. buona fedeesecutiva ex art. 1375 e 1175 cod. civ., ma determina che cada in capo al debitore lβonere della prova delle circostanze che renderebbero il recesso contrario a buona fede; lβistituto bancario puΓ² legittimamente recedere, invece, limitandosi a richiamare il disposto dellβart. 1845 co. 3, cit.
Il debitore che agisce per far dichiarare l’arbitrarietΓ del recesso ha, quindi, l’onere di allegare l’irragionevolezza delle giustificazioni date dalla banca, dimostrando, ad esempio, la sufficienza della propria garanzia patrimoniale
Nel caso di specie, la Corte conclude nel senso che sia legittimo l’esercizio del diritto di recesso ad nutum dell’istituto di credito purchΓ© anticipato dalla comunicazione al cliente di un congruo preavviso, in quanto: a) tale facoltΓ Γ¨ espressamente prevista dall’art. 1845 c.c.;b) la condotta negoziale della banca non viola il principio generale di buona fede esecutiva di cui all’art. 1375 cod. civ., in presenza di comportamenti inaffidabili del debitore che ripetutamente ed in modo ingiustificato superi il limite di affidamento concesso dalla banca.
Neppure la condotta omissiva della banca β che in diverse occasioni precedenti non abbia contestato lo sforamento – puΓ² essere intesa come autorizzazione ad un innalzamento del limite dell’apertura di credito; un simile contegnova inteso quale mera tolleranza, in attesa del corretto adempimento da parte del correntista dell’obbligo di rientrare dall’esposizione debitoria non autorizzata.