๐‹๐š ๐œ๐š๐ง๐œ๐ž๐ฅ๐ฅ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž ๐๐ข ๐“๐ซ๐ฎ๐ฆ๐ฉ ๐๐š๐ข โ€œ๐ฌ๐จ๐œ๐ข๐š๐ฅ ๐ฆ๐ž๐๐ข๐šโ€: ๐ช๐ฎ๐ข๐ฌ ๐œ๐ฎ๐ฌ๐ญ๐จ๐๐ข๐ž๐ญ ๐ข๐ฉ๐ฌ๐จ๐ฌ ๐œ๐ฎ๐ฌ๐ญ๐จ๐๐ž๐ฌ?

La cancellazione di Trump dai โ€œsocial mediaโ€: quis custodiet ipsos custodes?

di Arcangelo Monaciliuni

Il caso della rimozione di Trump da facebook e twitter

I proprietari/fondatori/patron dei social hanno proficuamente studiato Platone del quale mostrano, nei fatti, di condividere la filosofia ed in particolare lโ€™assunto โ€œฮ“ฮตฮปฮฟแฟ–ฮฟฮฝฮณฮฌฯฑฯ„ฯŒฮฝฮณฮตฯ†ฯฮปฮฑฯฐฮฑฯ†ฯฮปฮฑฯฐฮฟฯ‚ฮดฮตแฟ–ฯƒฯ‘ฮฑฮนโ€, ovvero โ€œEโ€™ certamente ridicolo che un custode abbia bisogno di un custodeโ€ (cosรฌ Platone, III libro della sua ฮ ฮฟฮปฮนฯ„ฮตฮฏฮฑ). Come noto, per il filosofo greco colui che รจ chiamato a guidare la polis, in quanto egli stesso filosofo/saggio, sarร  educato allโ€™idea di giustizia e del bene e non avrร  quindi bisogno di un guardiano che ne sorvegli le azioni.

Ed i Ceo della Silicon Valley -a partire da Zuckerberg e da Jack Dorsey, ovvero da Facebook e da Twitter-, evidentemente si ritengono anche filosofi/saggi, oltre che dichiaratamente fermi assertori dei valori della democrazia, della inclusione, della libera espressione.

Sol che, tralasciando il divenire della storia, della cultura, dei concetti di libertร  e di democrazia, giร  Platone riferiva lโ€™assunto ai reggitori della polis. Il che a dire che il saggio, il filosofo non aveva bisogno di custodi solo in quanto e per quanto โ€œadvocatoโ€ a reggere la cosa pubblica. Nรฉ mai, sempre a tacere del divenire della storia, per lo stesso Platone il reggitore, a mรฒ di faraone egizio, essere semidivino, poteva protendere il braccio e pronunciare: โ€œChe il nome di Mosรจ sia cancellato da ogni libro e da ogni tavola, sia cancellato da ogni colonna e da ogni obelisco, cancellato da ogni monumento dell’Egitto, che il nome di Mosรจ non sia piรน pronunciato e scompaia dalla memoria di ognuno per sempre. Cosรฌ sia scritto e cosรฌ sia fattoโ€.

Non mi si irrida troppo facilmente. Non intendo attribuire ai Ceo di Silicon Valley intenzioni tirannicide, nรฉ, tanto meno, sto paragonando Donald Trump, sia pur nella versione di Potus, a Mosรจ.

Le iperboli mi son servite per introdurre una analisi di quanto รจ accaduto, nel contempo anticipandone, plasticamente, le conclusioni.

Quel che รจ accaduto รจ che, in presenza dellโ€™attacco al Campidoglio dei giorni scorsi da parte di sostenitori del Presidente in carica degli Stati Uniti dโ€™America, gli account Facebook e Twitter, sia di Donald Trumpย  che di Potus, acronimo per Presidente of the United States, sono stati chiusi.ย  โ€œTroppo grandi i rischi se permettiamo al Presidente di continuare a usare il nostro servizio โ€ฆ Occorre evitare che inciti nuovamente alla violenza, alla insurrezioneโ€ la succinta motivazione delle โ€œsentenzeโ€ emesse, a tambur battente, dagli algoritmi, dagli uffici โ€œcensuraโ€ di Facebook e di Twitter.

Libertร  di espressione, stampa e social media nellโ€™ordinamento U.S.A.

Orbene, il primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti recita: โ€œIl Congresso non promulgherร  leggi โ€ฆ che limitino la libertร  di parola, o della stampaโ€ฆ.โ€.

Questa pietra fondante della democrazia americana trova corrispondenza in analoghe previsioni delle Costituzioni delle democrazie occidentali, ivi compresa quella Italiana, il cui art. 21 reca lโ€™espresso divieto di sottoporre la stampa (superfluo rammentare che, allโ€™epoca la rete, i social, non esistevano) ad autorizzazioni e censure ed affidando la potestร  di โ€œsequestroโ€ allโ€™Autoritร  giudiziaria โ€œnel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi…โ€, nonchรฉ (trova corrispondenza) nella Carta fondamentale dellโ€™Unione Europea diritto europeo, il cui art. 11 recita: โ€œ1. Ogni persona ha diritto alla libertร  di espressione. Tale diritto include la libertร  di opinione e la libertร  di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autoritร  pubbliche e senza limiti di frontieraโ€ฆ.โ€, ferma, beninteso, la potestร  di sottoporre โ€œlโ€™esercizio di queste libertร , poichรฉ comporta doveri e responsabilitร , alle formalitร , condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una societร  democraticaโ€ฆโ€ (cfr. art. 52 della Carta cennata ed art. 10 della CEDU /Convenzione Europea dei diritti dellโ€™uomo).

Il che a dire che, per โ€œdiritto delle gentiโ€, le cui tracce peraltro risalgono ben piรน addietro nei tempi, la libertร  di espressione e di manifestazione รจ protetta in modo assoluto e solo disposizioni di legge possono, in via di eccezione, limitarle.

Nellโ€™ordinamento di oltreoceano รจ la sezione 230 del Communications Decency, recante la Protection for private blocking and screening of offensive material (Protezione per il blocco privato e lo screening di materiale offensive), a dare atto che โ€œLa gamma in rapido sviluppo di Internet e di altri servizi informatici interattivi a disposizione dei singoli americani rappresenta un progresso straordinario nella disponibilitร  di risorse educative e informative per i nostri cittadiniโ€ฆโ€; a sostenere che โ€œรˆ politica degli Stati Uniti promuovere il continuo sviluppo di Internet e di altri servizi informatici interattivi e altri media interattivi..โ€; ad assicurare libertร  โ€œda regolamentazioni federali e statali..โ€; a garantire che โ€œNessun fornitore o utente di un servizio informatico interattivo sarร  trattato come editore o oratore di qualsiasi informazione fornita da un altro fornitore di contenuto informativoโ€. Infine, a sancire che โ€œNessun fornitore o utente di un servizio informatico interattivo puรฒ essere ritenuto responsabile per: qualsiasi azione intrapresa volontariamente in buona fede per limitare l’accesso o la disponibilitร  di materiale che il fornitore o l’utente considera osceno, osceno, lascivo, sporco, eccessivamente violento, molesto o altrimenti discutibile, indipendentemente dal fatto che tale materiale sia protetto costituzionalmente o menoโ€.

In definitiva, ai social, ferme le testuali previsioni della Sezione 230 secondo cui i suoi contenuti non hanno effetti su altre leggi (diritto penale, proprietร  intellettuale, privacy, traffici sessuali), viene riconosciuta una immunitร  che li esonera da responsabilitร .

Di tutta evidenza le differenze con la stampa, che consente il previo controllo del materiale, viene da interrogarsi se questa larga immunitร  concessa ai social per quanto qui piรน interessa possa anche essere intesa, esser trasformata, in potestร  di espulsione non del singolo contenuto immesso sul social, ma dello stesso iscritto al social. E tanto in ragione della regolamentazione interna accettata espressamente o per silentium allโ€™atto della iscrizione, ovvero degli standard della Community, della cui opponibilitร  in una eventuale sede giudiziaria รจ tuttavia dato dubitare.

Alcune considerazioni al riguardo.

In primo luogo, va fatto constare che la sezione 230 รจ da tempo nel mirino dellโ€™Esecutivo e del Congresso americano, in particolare per quanto afferisce proprio allโ€™ampiezza delle potestร /immunitร  riconosciute ai social. Attualmente pende allโ€™esame del Congresso un disegno di legge che la Sezione modifica, cosรฌ come pende allโ€™esame delle Istituzioni Europee un progetto di Regolamento sui servizi e sul mercato digitali presentato dal commissario europeo per il Mercato interno e contenente anchโ€™esso previsioni limitative della deresponsabilizzazione dei giganti del web.

La Corte suprema degli Stati Uniti -che non (mi) risulta sia mai stata chiamata ad occuparsi di un caso di espulsione, di bando, dalla comunitร  dei social, dellโ€™iscritto- si รจ occupata invece di fattispecie di inneggiamento alla violenza, o di illustrazione di atti di violenza ed alla loro eventuale protezione da parte del primo emendamento, ovvero dellโ€™ampio manto protettivo da questo offerto alle libertร  di pensiero e di comunicazione (โ€œIl Congresso non promulgherร  leggi โ€ฆโ€).

Per vero, se pur โ€œLa Costituzione americana non รจ un patto suicidaโ€, come dichiarato da Abraham Lincoln nel sopprimere le garanzie dellโ€™habeas corpus durante la guerra civile e se pur vero che il diritto di prevenzione ha trovato sbocchi e โ€œcomprensioneโ€ da parte della Corte Suprema in determinati momenti storici (da ultimo, in occasione del Patriot Act seguito allโ€™assalto terroristico alle Torri gemelle e della pronuncia sul contestatissimo caso ย Holder v. HumanitarianLaw Project in tema di ammissibilitร  di condanne per โ€œaiuto o sostegnoโ€ ad una FTO (foreignterroristorganitation), resta tuttora, in via generale, valido e fermo il precedente di Brandenburg v. Ohio, 395 U.S. 444 (1969) che -capovolgendo espressamente il precedente Whitney v. California, 274 U.S. 357 (1927), un caso in cui una donna era stata imprigionata per aver aiutato il Partito Comunista- ha affermato testualmente ย che le โ€œnostreโ€ (della Corte) โ€œdecisioni hanno modellato il principio che le garanzie costituzionali di libertร  di espressione e di stampa non permettono ad uno stato di proibire o bandire il patrocinio o l’incitamento all’uso della forza o la violazione della leggeโ€, espressamente (in questo il capovolgimento) eliminando lโ€™eccezione โ€œa meno che tale patrocinio sia diretto ad incitare o produrre un imminente azione illegale ed รจ in grado di istigare o di causare tale azioneโ€.

E, del resto, sempre la Corte Suprema (Stati Uniti contro Alvarez, 28 giugno 2012, in cui era in discussione la validitร  della legge penale, dello Stolen Valor Act, che considerava reato la menzogna, da Alvarez pronunciata, per accedere ad una carica elettiva, sullโ€™aver conseguita la Medaglia di Onore del Congresso) ha avuto modo di statuire che โ€œquantunque possano esistere diverse interpretazioni del Primo Emendamento, cโ€™รจ generale accordo sul fatto che lo scopo principale di quellโ€™Emendamento รจ di proteggere la libertร  di discussione sulle questioni pubblicheโ€ฆ.. La nostra tradizione costituzionale รจ contraria allโ€™idea che abbiamo bisogno del Ministero della Veritร  dellโ€™Oceaniaโ€ฆ Il rimedio alla parola falsa รจ la parola vera. Questo รจ il corso ordinario in una societร  liberaโ€ฆ La risposta all’irragionevole รจ il razionale; a chi non รจ informato, a chi รจ illuminato; alla menzogna, la semplice veritร โ€ฆ La nazione sa bene che uno dei costi del Primo Emendamento รจ che protegge il discorso che detestiamo cosรฌ come il discorso che abbracciamoโ€.

E tanto, a non voler tirare in campo, solo per brevitร , il quattordicesimo emendamento che, introdotto nel 1868 per difendere gli schiavi dalla segregazione, si occupa della Equalprotection da politiche discriminatorie.

In definitiva, nessuna censura, nรฉ tanto meno controllo preventivo e, ancora, nessuna discriminazione, quale di certo potrebbe essere quella che discriminasse personaggi politici in base alla loro appartenenza.

รˆ questo lโ€™approdo delle democrazie, dai tempi di Voltaire del โ€œNon sono dโ€™accordo con te, ma difenderรฒ fino alla morte il tuo diritto a dirloโ€, dalla dottrina del libero mercato delle idee di John Milton, al paradosso di Popper secondo cui se si vuole โ€œgarantire la tolleranza nella societร  aperta รจ necessario essere intolleranti nei confronti dellโ€™intolleranzaโ€.

Non intendo predicare lโ€™assolutezza di siffatti approdi. Ho giร  detto della estrema delicatezza delle tematiche e ben so che esistono veritร  che tali restano senza poter essere condizionate dalle risultanze del libero dibattito e che per tali devono essere tenute. Ben so, per altro connesso verso, che in gioco, con i molteplici profili problematici connessi, รจ la stessa possibilitร  di esistenza di fatti (piano ontologico) disgiunti da una loro interpretazione (piano epistemologico).

Ma se tale รจ lo โ€œstato dellโ€™arteโ€, se tali sono le difficoltร  della relativa โ€œletturaโ€, non puรฒ che restarsi stupiti a fronte di talune posizioni tese ad osannare, giustificare o solo a benevolmente comprendere la rimozione dai social dellโ€™account del Presidente degli Stati Uniti, effettuata dโ€™imperio dai gestori dei social. Se รจ controversa la sussistenza della stessa potestร  statuale di intervenire a limitare le libertร  in discorso, se si controverte sui limiti che, in tema di diritto di โ€œprevenzioneโ€, possono essere ammessi in capo al legislatore e quindi ancora sulla qualificazione dei comportamenti concreti, anche estremi, davvero appare non condivisibile la posizione di chi tali poteri ritiene possano sussistere al di fuori ed al di lร  della loro formazione/controllo legittimo e democratico.

Conclusioni: una regolamentazione del potere censorio dei โ€œsocialโ€ รจ necessaria

A questo punto appare opportuno proseguire schematicamente.

1) i big social non sono meri soggetti di diritto privato, per rappresentare il piรน potente, diffuso e capillare strumento di informazione/comunicazione del mondo. Trattasi di colossi che, attraversando le frontiere ed occupando lโ€™etere, ovvero utilizzando spazi e mezzi non riconducibili a proprietร /possesso/disponibilitร  private, โ€œcontrollanoโ€ le vite di miliardi di persone, influenzandone comportamenti, costumi, consumi e scelte politiche. Il che ne impone una qualificazione pubblica/pubblicistica: qualificazione che ogni ordinamento statuale -o sovra statuale, quale il diritto comunitario europeo- riconosce, nelle diverse peculiaritร  proprie di ciascuno.

2) i social non hanno veste associazionistica, a base democratica (assemblea degli associati), sรฌ da poter liberamente decidere chi debba/possa far parte della associazione.

3) lโ€™esistenza di regolamentazioni interna, liberamente accettata -qual sia lโ€™esatta natura giuridica del rapporto/contratto/contatto sociale- non potrร  validamente essere opposta nei Tribunali, ove questa cozzi con i principi costituzionali, ovvero con norme imperative, per dover essere -e pacificamente- ritenuta/dichiarata nulla, se non anche inesistente. Sul punto, quanto ai principi, a ritenersi validi universalmente, cfr. anche Tribunale di Roma pronuncia del 12 dicembre 2019 che ha ordinato โ€œlโ€™immediata riattivazione della pagina Facebookโ€ di una associazione di promozione sociale e cfr. anche la ancor piรน recente decisione di un Tribunale israeliano di โ€œsbloccare lโ€™accountโ€ di un dipendente del gruppo NSO, che, a dire di facebook, aveva โ€œeffettuato attacchi informatici contro attivisti per i diritti umani, giornalisti e diplomaticiโ€.

4) in particolare, la sopracennata Sezione 230 del Communications Decency in alcun modo puรฒ essere intesa come capace di autorizzare i social a bandire lโ€™iscritto, per solo esonerarli dalle responsabilitร  dei singoli post/tweet.

5) il dato di fatto -non di diritto: cfr. ancora la pronuncia del Tribunale di Roma di cui sopra- che quotidianamente il bando viene attuato nei confronti di chiunque violi le regole, liberamente accettate, in piana evidenza si appalesa irrilevante.

6) la necessitร  di rimozione immediata di singoli Post, immagini, a contenuti violenti e offensivi, pornografici e cosรฌ via dicendo, non รจ in discussione in quanto coperta da specifiche โ€œleggi penaliโ€.

7) nessuna norma di legge invece consente che la potestร  di intervenire liberamente sui social per diffondere le proprie idee, per lanciare i propri proclami possa essere preclusa dallo stesso social, che in cambio, nel diritto statunitense, ha avuto espressamente garantita lโ€™irresponsabilitร .

La contropartita dellโ€™irresponsabilitร  si sostanzia nel ritenersi (nel doversi ritenere) il social la moderna agorร , la piazza, oggi virtuale, aperta a tutti e nella quale se si commettono reati sarร  lโ€™Autoritร  ad intervenire. La contropartita sta nel ritenere il social lo โ€œSpeakers Cornerโ€ di Hyde park che un atto del Parlamento inglese del 1872 decretรฒ โ€œlibero da censuraโ€.

8) se รจ poi vero che tutti sono eguali di fronte alla legge, ancora vero che i dibattiti elettorali, la tenzone politica รจ il sale delle democrazie ed oggi il confronto si svolge, ha vita prevalentemente sui social, sicchรจ non possono esistere spazi per interventi โ€œcensoriโ€.

9) ed interventi โ€œcensoriโ€ vieppiรน non possono essere ammessi nei confronti di chi รจ (giร ) stato investito da un mandato popolare attraverso libere elezioni. Qui, a meno di non confondere democrazia con demagogia, il grado di protezione ha da essere maggiore. E tanto a non voler considerare la doverosa assicurazione di โ€œspazi protettiโ€ allโ€™Esecutivo che ne abbisogni per comunicazioni โ€œistituzionaliโ€.

10) violazione delle leggi da parte del Presidente degli Stati Uniti, il suo eventuale stato di incapacitร , suoi atti e comportamenti eversivi e la loro gravitร  non possono che essere sanzionati da chi ha il potere per farlo e di farlo con tutta la immediatezza richiesta. Ma โ€œstaccare la spinaโ€ al Capo dellโ€™Esecutivo, al rappresentante in carica della Nazione, non appare giustificabile in alcun modo, tanto meno dalla โ€œregola aziendaleโ€ che preclude al soggetto bandito lโ€™utilizzo di altri account.

11) corollario a quanto fin qui osservato la evidenza della necessitร  che, per quanto difficile abbia ad essere, i diversi ordinamenti -auspicabilmente correlati fra loro, tentativi di tal genere sono in corso su entrambe le sponde legislative dellโ€™Atlantico- intervengano per assicurare libera e piena esplicazione degli incomprimibili diritti di cui รจ questione, sottraendo espressamente lโ€™individuazione delle regole di base ai patron dei social per poi affidarne il controllo ad organismi indipendenti (dai social e dagli Esecutivi).

Dallโ€™alba della storia chi controlla lโ€™informazione ha il potere. In un mondo globalizzato, la sua concentrazione in poche mani, in oligarchie digitali, รจ un evidente pericolo. E dunque non si plauda tanto facilmente.