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Sulla configurabilitΓ dellβabuso di ufficio per la mancata astensione nella nomina di un direttore sanitario
di Luca Cestaro
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Corte di Cassazione, sez. VI penale, Sentenza n. 16782 del 3.5.2021
La fattispecie; 2. LβapplicabilitΓ del dovere di astensione anche agli incarichi dirigenziali di tipo privatistico; 3. La tipicitΓ delle figure implicanti il dovere di astensione nei pubblici concorsi; 4. Sulla nozione di grave inimicizia; 5. La configurabilitΓ dellβabuso di ufficio per violazione del dovere di astensione; 6. La nozione di danno ingiusto nellβabuso di ufficio
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La fattispecie
La pronuncia in commento presenta plurimi profili di interesse.
Il direttore generale dellβASL viene condannato, allβesito dei primi due gradi di giudizio, per non essersi astenuto nella nomina del direttore sanitario di una struttura ospedaliera nonostante vi fossero ragioni di inimicizia con uno dei candidati.
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LβapplicabilitΓ del dovere di astensione anche agli incarichi dirigenziali di tipo privatistico
La Corte, in primo luogo, chiarisce che, sebbene gli incarichi abbiano natura privatistica e afferiscano a scelte di tipo manageriale, non viene meno lβobbligo di astensione. Il principio di buon andamento di cui allβart. 97 Cost., infatti, impone che la selezione dei dipendenti avvenga sempre in ragione del merito secondo criteri di imparzialitΓ ed efficienza come, a piΓΉ riprese sancito, dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza amministrativa.
Fatta salva lβeccezione βcostituita dall’esigenza che alcuni incarichi, quelli dei diretti collaboratori dell’organo politico, siano attribuiti a soggetti individuati intuitu personaeβ, tutte le altre procedure selettive devono essere tali da porre i dirigenti (generali) βin condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principi d’imparzialitΓ e buon andamento della pubblica amministrazioneβ secondo lβindirizzo legislativo cheβ[…], ha accentuato β¦ il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigentiβ.
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La tipicitΓ delle figure implicanti il dovere di astensione nei pubblici concorsi
In questa ottica, βl’obbligo di astensione va ricondotto al principio costituzionale dell’imparzialitΓ dell’azione amministrativa ed Γ¨ applicabile quando sussista un diretto e specifico collegamento tra decisione e interesse proprioβ.
Ferma la sua valenza meramente strumentale alla realizzazione del principio di imparzialitΓ , lβobbligo in questione Γ¨ soventelegato a situazioni previamente tipizzate, ove piΓΉ pressante appaiaβl’esigenza di garantire la trasparenza dell’operato dell’agenteβ.
La crescita di importanza dellβobbligo di astensione ha trovato unβesplicazione nella introduzione della generale previsione di cui allβart. 6 bis L. 241/1990 secondo cui: βil responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenzialeβ.
Tale figura generale non Γ¨, tuttavia, applicabile ai concorsi pubblici nella misura in cui il d.P.R. n. 487 del 9.5.1994 che regola tali procedure richiede la sussistenza delle situazioni di incompatibilitΓ richiamate dagli artt. 51 e 52 c.p.c.
In merito, la Corte richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui βanche dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 bis della legge n. 241 del 1990 β¦ le cause di incompatibilitΓ dei componenti delle commissioni di concorso indicate dall’art. 51 rivestono carattere tassativo e sfuggono all’applicazione analogica poichΓ© va tutelata l’esigenza di certezza dell’azione amministrativaβ. nonchΓ© la giurisprudenza civile secondo cui, βai sensi dell’art. 51, numero 3, cod. proc. civ. la “grave inimicizia” deve riferirsi a ragioni private di rancore o di avversione sorte nell’ambito di rapporti estranei ai compiti istituzionaliβ.
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Sulla nozione di grave inimicizia
La Sezione chiarisce, citando la giurisprudenza civile e amministrativa, che la grave inimicizia, idonea a radicare il dovere di astensione nellβambito delle procedure selettive, deve riferirsi a βragioni private di rancore o di avversione sorte nell’ambito di rapporti estranei ai compiti istituzionaliβ; essa non Γ¨, quindi,βintegrata da mere manifestazioni di disistima espresse in ambito professionale e didatticoβ, o dal giudizio negativo sulla possibilitΓ del candidato di superare il concorso; simili atteggiamenti, anzi,non sono illeciti βnei rapporti scientifici, accademici e lavorativi e non sono, quindi, tali da intaccare l’imparzialitΓ dell’organo valutativoβ.
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La configurabilitΓ dellβabuso di ufficio per violazione del dovere di astensione
Si precisa, allora, che βin materia di abuso d’ufficio determinato da violazione dell’obbligo di astensione, l’espressione Β«omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescrittiΒ», contenuta nell’art. 323 cod. pen., dev’essere letta nel senso che la norma ricollega l’obbligo di astensione a due ipotesi distinte e alternative, quella dell’obbligo di carattere generale, derivante dall’esistenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, e quella della verificazione dei singoli casi in cui l’obbligo sia prescritto da altre disposizioni di leggeβ.
In sostanza, rispetto allβobbligo di astensione, la norma penale detta una norma di carattere generale che Γ¨ coordinata con le norme speciali che prevedono casi diversi e ulteriori in cui detto obbligo rimane vigente. βCon il richiamo generalizzato a tutte le norme che disciplinano casi specifici di obbligo di pubblici ufficiali di astenersi, si Γ¨ risolto preventivamente e in radice qualsiasi contrasto delle norme speciali con la disposizione di carattere generale, che prevale sulle altre nei limiti della propria statuizioneβ.
Ebbene, nel caso di specie, occorreva far riferimento alle figure βtipicheβ di obbligo di astensione e, in particolare, alla figura della grave inimicizia, ritenuta inesistente nel caso di specie. Difatti, lβimputato β che pure aveva manifestato disistima nei confronti del denunciante per divergenze professionali β non risulta essere legato al denunciante da rapporti riconducibili alla nozione di grave inimicizia che, come si Γ¨ detto, richiede lβesistenza di motivi di rancore afferenti alla sfera privata. La scelta del direttore generale, anzi, correttamente si Γ¨ orientata su soggetti di cui, evidentemente, si aveva una migliore considerazione sul piano professionale.
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La nozione di danno ingiusto nellβabuso di ufficio
Da ultimo, la Corte precisa che lβeventuale illegittimitΓ della selezione non Γ¨ sufficiente per il perfezionamento del reato; occorre anche la produzione di un danno (o di un vantaggio) ingiusto.
L’art. 323 cod. pen., infatti,βdelinea un reato di evento e non attribuisce rilievo alla mera esposizione a pericolo dell’interesse garantito, sicchΓ© deve escludersi l’esistenza del delitto allorchΓ© non vi sia la prova certa che dalla condotta sia conseguito un risultato contra ius, e ciΓ² anche nel caso in cui la condotta dell’agente sia non iureβ.
Occorre, in altre parole, dimostrare che il denunciante, rimossa la causa di astensione, si sarebbe senzβaltro aggiudicato il posto a cui ambiva. Nel caso di specie, non risulta la prova certa di tale circostanza.
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La Corte, quindi, ha annullato le Sentenze di condanna senza rinvio, disponendo lβassoluzione dellβimputato perchΓ© il fatto non sussiste.