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Commercializzazione dei derivati della โ€œ cannabis lightโ€

a cura di Paolo Vincenzo Rizzardi

#Produzione,traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope#principio di tassativitร #art73d.p.r309/90#art.2l.242/2016.

Sez. Unite Penale, sentenza n. 30475/2019 del 10/07/2019

La pronuncia in commento รจ volta a dirimere il conflitto tra due ricostruzioni giurisprudenziali circa lโ€™esatto ambito di operativitร  della legge del 2 dicembre 2016 n. 242.

Questโ€™ultimo dettato normativo autorizza lโ€™uso della canapa, in quanto รจ volto a promuovere la coltivazione agroindustriale di canapa delle varietร  ammesse (cannabis sativa L.), beneficiando dei contributi dell’Unione europea, sempre che il coltivatore dimostri di avere impiantato sementi ammesse.

Tale forma di coltura รจ consentita senza necessitร  di autorizzazione, purchรจ le varietร  coltivate non superino lo 0,6 di THC.

Altresรฌ, lโ€™ art. 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016 individua i prodotti che possono essere (tassativamente) ottenuti (esemplificando: dalla coltivazione della canapa di cui si tratta possono ricavarsi fibre e carburanti).

Il contrasto interpretativo รจ originato dalla circostanza che non ricorre alcun riferimento alla rilevanza penale della successiva attivitร  di commercializzazione dei beni prodotti da coltivazioni liberalizzate, ai sensi della legge del 2 dicembre 2016 n. 242.

La Corte rileva che secondo un indirizzo, โ€œla predetta legge non consente la commercializzazione dei derivati dalla coltivazione della canapa (hashish e marijuana), in quanto si ritiene che la novella disciplini esclusivamente la coltivazione della canapa per i fini commerciali elencati dall’art. 1, comma 3, legge n. 242 del 2016, tra i quali non rientra la commercializzazione dei prodotti costituiti dalle inflorescenze e dalla resina. In tale ambito ricostruttivo, i valori di tolleranza di THC consentiti dall’art. 4, comma 5, legge citata, si riferiscono solo alla percentuale di principio attivo e non al prodotto oggetto di commercio. La cannabis sativa L. presenta intrinseca natura di sostanza stupefacente ai sensi dell’art. 14, d.P.R. n. 309/1990, posto che l’allegata Tabella II include la cannabis in tutte le sue varianti e forme di presentazione. Secondo tale orientamento, la commercializzazione dei derivati dalla coltivazione di cannabis sativa L, sempre che presentino un effetto drogante, integra tuttora gli estremi del reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.โ€

Altra ricostruzione, invece, sostiene che โ€œnella filiera agroalimentare della canapa, che la novella del 2016 intende promuovere, rientra la commercializzazione dei relativi derivati. Dalla liceitร  della coltivazione discende, pertanto, la liceitร  dei prodotti che contengano una percentuale di principio attivo inferiore allo 0,6 %. Deve quindi escludersi, ove le inflorescenze provengano da coltivazioni lecite ex lege n. 242 del 2016, la responsabilitร  penale sia dell’agricoltore che del commercianteโ€.

Ciรฒ premesso, le Sezioni Unite aderiscono al primo dei suddetti orientamenti, sostenendola liceitร  della sola coltivazione della cannabis sativa L. per le finalitร  espresse e tassativamente indicate dalla novella. Ciรฒ conduce a sostenere che la commercializzazione dei derivati della predetta coltivazione, non compresi nel richiamato elenco, continua a essere sottoposta alla disciplina del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Altresรฌ, la Corte chiarisce la natura tassativa delle sette categorie di prodotti elencate dall’art. 2, comma 2, legge n. 242 del 2016, che possono essere ottenuti dalla coltivazione agroindustriale di cannabis sativa L.

Infatti, la Corte ritiene che rafforzi taleย  โ€œconvincimento considerare che la stessa disposizione derogatoria, di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. 309/90, nel delimitare l’ambito applicativo della eccezione in cui si colloca l’intervento normativo del 2016, fa espresso riferimento alla finalitร  della coltivazione, che deve essere funzionale ยซesclusivamenteยป alla produzione di fibre o alla realizzazione di usi industriali, ยซdiversiยป da quelli relativi alla produzione di sostanze stupefacentiโ€

Pertanto, lโ€™esposto percorso ermeneutico conduce a sostenere cheโ€œle condotte diverse dalla coltivazione di canapa delle varietร  di cui al catalogo indicato nell’art. 1, comma 2, legge n. 242 del 2016 e la realizzazione di prodotti diversi da quelli inseriti nell’elenco di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 242 cit., risultano penalmente rilevanti, ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 4, T.U. stup., che sanziona, oltre alla coltivazione – con l’eccezione di cui all’art. 26, comma 2, sopra ripetutamente evidenziata – la produzione, l’estrazione, la vendita, la cessione, la distribuzione, il commercio, la consegna, la detenzione e altre attivitร  di messa in circolazione delle sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla Tabella II, prevista dall’art. 14 del D.P.R. 309/90. Sul punto, deve sottolinearsi che non assume alcuna rilevanza, al fine di escludere la illiceitร  della condotta, il mancato superamento delle percentuali di THC di cui all’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, atteso che tali valori riguardano esclusivamente il contenuto consentito di THC presente nella coltivazione – e non nei derivati – nell’ambito della specifica attivitร  di coltivazione agroindustriale della canapa, per gli usi consentiti, delineata dalla stessa novella, anche in riferimento alla erogazione dei contributi al coltivatore, secondo la disciplina sovranazionale giร  sopra ricordata.โ€