ππ π©π’π₯π₯π¨π₯π ππ’ ππ’π«π’πππ¨ ππ’π―π’π₯π πππ₯ ππ.ππ.ππππ: Risarcimento del c.d. βmaggior dannoβ.
Risarcimento del c.d. βmaggior dannoβ
a cura dellβavvocato Paolo Vincenzo Rizzardi
#maggiordanno #art.1224c.c.
Corte di Cassazione, sez. VI civile, sentenza n.25666 del 22/09/2021
La decisione in commento conferma il consolidato orientamento, patrocinato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 19499/2008, che ritiene che il maggior danno da ritardo sia presuntivamente pari, per la totalitΓ dei creditori, al tasso di rendimento annuo lordo dei titoli di Stato non ultrannuali, rigettando, quindi, le pregresse categorie βsocialmente tipiche di creditoriβ ideate da due sentenze delle Sezioni Unite- adottate negli anni 1979 e 1986.
Preliminarmente, occorre osservare che secondo la precedente ricostruzione giurisprudenziale, la principale figura di maggior danno era rappresentata dal c.d. danno da svalutazione monetaria, la cui prova, oltre che essere fornita dal creditore, appariva particolarmente complessa, in quanto dipendeva dallβuso che il creditore faceva del danaro.
Pertanto, al fine di alleggerire lβonere probatorio del creditore, la giurisprudenza, prima con una decisione dellβanno 1979 e, poi con una sentenza dellβanno 1986, ha fatto ricorso ad un sistema di presunzioni, le quali si fondavano sulle c.d. categorie socialmente tipiche di creditori. Infatti, le categorie erano quattro: a) lβimprenditore; b) il risparmiatore abituale; c) il risparmiatore occasionale e d) il consumatore.
Analizzando partitamente tali figure si riteneva che: a) per lβimprenditore, il maggior danno era rappresentato dalla differenza tra gli interessi passivi pagati dalle banche e gli interessi ( legali) percepiti di diritto ai sensi dellβarticolo 1224, comma 1, c.c.; b) per il risparmiatore abituale, il maggior danno era pari alla differenza tra il tasso di rendimento del suo investimento finanziario abituale e il tasso di interesse legale, di cui allβarticolo 1224, comma 1, c.c.; c) per il risparmiatore occasionale, il maggior danno era rappresentato dalla differenza tra il tasso di interesse attivo sul deposito bancario e il tasso legale, di cui allβarticolo 1224, comma 1, c.c.; d) infine, per il consumatore, il maggior danno equivaleva alla differenza tra il tasso di inflazione e il tasso di interesse legale percepito ai sensi dellβarticolo 1224, comma 1, c.c.
Tale tassonomia, tuttavia, ha generato incertezze applicative, in quanto si riteneva che non venissero in rilievo adeguati elementi per sussumere un soggetto allβinterno di una categoria piuttosto che in unβaltra.
CiΓ² ha condotto, la Suprema di Corte di Cassazione a Sezioni Unite a chiarire che per tutti i creditori il maggior danno, di cui allβarticolo 1224, comma 2, c.c. sia presuntivamente pari al tasso di rendimento annuo lordo dei titoli di Stato non ultrannuali.
A ciΓ² si aggiunga, che tale presunzione Γ¨ di tipo relativo. Pertanto, essa ammette tanto la prova contraria del debitore, il quale puΓ² dimostrare che lβaltra parte abbia sofferto un danno inferiore, quanto del creditore, che puΓ² dimostrare un danno maggiore rispetto a quello presuntivamente considerato.
CiΓ² premesso, la ricostruzione in commento Γ¨ confermata da tale decisione nella parte in cui sostiene che: βnel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2, puΓ² ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali; ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualitΓ soggettiva o l’attivitΓ svolta (e quindi tanto nel caso di imprenditore, quanto nei caso di pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, ha l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva;
in particolare, ove il creditore abbia la qualitΓ di imprenditore, ha l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi, ovvero – attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttivitΓ della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrΓ invece l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legaleβ.