π‹πš 𝐩𝐒π₯π₯𝐨π₯𝐚 𝐝𝐒 𝐝𝐒𝐫𝐒𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐧𝐚π₯𝐞 𝐝𝐞π₯ πŸπŸ‘.πŸŽπŸ‘.𝟐𝟎𝟐𝟐: L’inapplicabilitΓ  della scriminante del consenso dell’avente diritto rispetto al delitto previsto dall’articolo 493 ter c.p.

L’inapplicabilitΓ  della scriminante del consenso dell’avente diritto rispetto al delitto previsto dall’articolo 493 ter c.p.

a cura dell’avvocato Paolo Vincenzo Rizzardi

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Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza n.18609 del 16/02/2021

La decisione in commento origina dall’impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Trieste che, riformando quella del giudice di prime cure, affermava la responsabilitΓ  degli imputati per il delitto di cui all’articolo 55 del D.lgs. n. 231/2007, oggi trasfuso nell’articolo 493 ter c.p.

Il fatto riguardava l’utilizzo indebito di uno strumento di pagamento intestato ad altri.

Il giudice di prime cure aveva assolto gli imputati, ritenendo operante la scriminante del consenso dell’avente diritto, in quanto sulla base del compendio probatorio risultava che tra i soggetti agenti (creditori) e la persona offesa (debitrice) vi fosse un pregresso rapporto obbligatorio che legittimava, per finalitΓ  estintive del negozio giuridico, l’utilizzo da parte dei primi della carta di credito intestata alla persona offesa.

La suprema Corte di Cassazione, confermando la decisione del giudice di secondo grado, ritiene, tuttavia, che non possa operare la scriminante del consenso dell’avente diritto, di cui all’articolo 50 c.p.La principale argomentazione a sostegno di questa ricostruzione Γ¨ quella che si basa sulla circostanza che in tanto il consenso dell’avente diritto possa esprimere l’effetto scriminante in quanto, da un lato, il titolare del diritto possa rinunciarvi e, dall’altro lato, che il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sia esclusivamente il diritto, oggetto di disponibilitΓ .

CiΓ² conduce a sostenere che se la norma incriminatrice Γ¨ posta a presidio di molteplici beni giuridici, che trascendono la sfera individuale, il consenso dell’avente diritto, di cui all’articolo 50 c.p., non puΓ² avere l’effetto di scriminare la condotta tipica.

Infatti, il collegio ha osservato che: β€œ La corretta lettura della norma incriminatrice prevista dalΒ D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55,Β comma 9 oggi trasfusa nell’art. 493 ter c.p., porta a escludere l’operativitΓ  dell’istituto del consenso dell’avente dirittoΒ ex art. 50 c.p., rispetto all’uso da parte di terzi dello strumento di pagamento o prelievo, quand’anche in qualche misura delegati dal titolare della carta di credito. La causa di giustificazione disciplinata dall’art. 50 c.p., infatti, richiede che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice rientri nella categoria dei diritti disponibili, rispetto ai quali il titolare del diritto sia in grado di rinunziarvi; diversamente, se si verte in ipotesi di diritti che proteggono beni di interesse collettivo, la causa di giustificazione non potrΓ  operare. […] Questa chiave interpretativa trova un significativo riscontro nella natura della norma che sanzione l’uso indebito di carte di credito e di pagamento, pacificamente diretta alla tutela non solo del patrimonio personale del titolare dello strumento di pagamento o prelievo (Sez. 6, n. 29821 del 24/04/2012, Battigaglia, Rv. 253175), ma anche degli interessi pubblici alla sicurezza delle transazioni commerciali e alla fiducia nell’utilizzazione da parte dei consociati di quegli strumenti (“interessi legati segnatamente all’esigenza di prevenire, di fronte ad una sempre piΓΉ ampia diffusione delle carte di credito e dei documenti similari, il pregiudizio che l’indebita disponibilitΓ  dei medesimi Γ© in grado di arrecare alla sicurezza e speditezza del traffico giuridico e, di riflesso, alla “fiducia” che in essi ripone il sistema economico e finanziario”:Β Corte Cost., n. 302 del 19/7/2000); per tale ragione si Γ© affermato che “la norma incriminatrice mira, in positivo, a presidiare il regolare e sicuro svolgimento dell’attivitΓ  finanziaria attraverso mezzi sostitutivi del contante, ormai largamente penetrati nel tessuto economico”, con la conseguenza che “Γ© giocoforza ritenere che le condotte da essa represse assumano – come del resto riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimitΓ  in sede di analisi dei rapporti tra la fattispecie criminosa in questione ed i reati di truffa e di ricettazione – una dimensione lesiva che comunque trascende il mero patrimonio individuale, per estendersi, in modo piΓΉ o meno diretto, a valori riconducibili agli ambiti categoriali dell’ordine pubblico o economico, che dir si voglia, e della fede pubblica” (Corte Cost. cit.).

CiΓ² ha condotto la Suprema Corte di Cassazione a riconoscereche la fattispecie contemplata dall’articolo 493 ter c.p. abbia natura di delitto plurioffensivo.

Appare opportuno sottolineare, tuttavia, che il collegio ritiene che la punibilitΓ  possa essere esclusa, per difetto dell’elemento soggettivo del reato, nel caso in cui dal compendio probatorio emerga, in modo manifesto, che l’autorizzazione all’utilizzo della carta di credito altrui ad opera del terzo sia funzionale esclusivamente al soddisfacimento di un interesse del titolare dello strumento di pagamento.