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LβinapplicabilitΓ della scriminante del consenso dellβavente diritto rispetto al delitto previsto dallβarticolo 493 ter c.p.
a cura dellβavvocato Paolo Vincenzo Rizzardi
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Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza n.18609 del 16/02/2021
La decisione in commento origina dallβimpugnazione della sentenza della Corte dβappello di Trieste che, riformando quella del giudice di prime cure, affermava la responsabilitΓ degli imputati per il delitto di cui allβarticolo 55 del D.lgs. n. 231/2007, oggi trasfuso nellβarticolo 493 ter c.p.
Il fatto riguardava lβutilizzo indebito di uno strumento di pagamento intestato ad altri.
Il giudice di prime cure aveva assolto gli imputati, ritenendo operante la scriminante del consenso dellβavente diritto, in quanto sulla base del compendio probatorio risultava che tra i soggetti agenti (creditori) e la persona offesa (debitrice) vi fosse un pregresso rapporto obbligatorio che legittimava, per finalitΓ estintive del negozio giuridico, lβutilizzo da parte dei primi della carta di credito intestata alla persona offesa.
La suprema Corte di Cassazione, confermando la decisione del giudice di secondo grado, ritiene, tuttavia, che non possa operare la scriminante del consenso dellβavente diritto, di cui allβarticolo 50 c.p.La principale argomentazione a sostegno di questa ricostruzione Γ¨ quella che si basa sulla circostanza che in tanto il consenso dellβavente diritto possa esprimere lβeffetto scriminante in quanto, da un lato, il titolare del diritto possa rinunciarvi e, dallβaltro lato, che il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sia esclusivamente il diritto, oggetto di disponibilitΓ .
CiΓ² conduce a sostenere che se la norma incriminatrice Γ¨ posta a presidio di molteplici beni giuridici, che trascendono la sfera individuale, il consenso dellβavente diritto, di cui allβarticolo 50 c.p., non puΓ² avere lβeffetto di scriminare la condotta tipica.
Infatti, il collegio ha osservato che: β La corretta lettura della norma incriminatrice prevista dalΒ D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55,Β comma 9 oggi trasfusa nell’art. 493 ter c.p., porta a escludere l’operativitΓ dell’istituto del consenso dell’avente dirittoΒ ex art. 50 c.p., rispetto all’uso da parte di terzi dello strumento di pagamento o prelievo, quand’anche in qualche misura delegati dal titolare della carta di credito. La causa di giustificazione disciplinata dall’art. 50 c.p., infatti, richiede che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice rientri nella categoria dei diritti disponibili, rispetto ai quali il titolare del diritto sia in grado di rinunziarvi; diversamente, se si verte in ipotesi di diritti che proteggono beni di interesse collettivo, la causa di giustificazione non potrΓ operare. [β¦] Questa chiave interpretativa trova un significativo riscontro nella natura della norma che sanzione l’uso indebito di carte di credito e di pagamento, pacificamente diretta alla tutela non solo del patrimonio personale del titolare dello strumento di pagamento o prelievo (Sez. 6, n. 29821 del 24/04/2012, Battigaglia, Rv. 253175), ma anche degli interessi pubblici alla sicurezza delle transazioni commerciali e alla fiducia nell’utilizzazione da parte dei consociati di quegli strumenti (“interessi legati segnatamente all’esigenza di prevenire, di fronte ad una sempre piΓΉ ampia diffusione delle carte di credito e dei documenti similari, il pregiudizio che l’indebita disponibilitΓ dei medesimi Γ© in grado di arrecare alla sicurezza e speditezza del traffico giuridico e, di riflesso, alla “fiducia” che in essi ripone il sistema economico e finanziario”:Β Corte Cost., n. 302 del 19/7/2000); per tale ragione si Γ© affermato che “la norma incriminatrice mira, in positivo, a presidiare il regolare e sicuro svolgimento dell’attivitΓ finanziaria attraverso mezzi sostitutivi del contante, ormai largamente penetrati nel tessuto economico”, con la conseguenza che “Γ© giocoforza ritenere che le condotte da essa represse assumano – come del resto riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimitΓ in sede di analisi dei rapporti tra la fattispecie criminosa in questione ed i reati di truffa e di ricettazione – una dimensione lesiva che comunque trascende il mero patrimonio individuale, per estendersi, in modo piΓΉ o meno diretto, a valori riconducibili agli ambiti categoriali dell’ordine pubblico o economico, che dir si voglia, e della fede pubblica” (Corte Cost. cit.).
CiΓ² ha condotto la Suprema Corte di Cassazione a riconoscereche la fattispecie contemplata dallβarticolo 493 ter c.p. abbia natura di delitto plurioffensivo.
Appare opportuno sottolineare, tuttavia, che il collegio ritiene che la punibilitΓ possa essere esclusa, per difetto dellβelemento soggettivo del reato, nel caso in cui dal compendio probatorio emerga, in modo manifesto, che lβautorizzazione allβutilizzo della carta di credito altrui ad opera del terzo sia funzionale esclusivamente al soddisfacimento di un interesse del titolare dello strumento di pagamento.