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L’introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi

a cura dell’avvocato Paolo Vincenzo Rizzardi

#introduzionestatodiprodottisegnifalsi #marchio #art.474c.p.

Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza n.46882 del 03/12/2021

La pronuncia in commento riguarda il caso di un soggetto, imputato per i delitti di cui agli articoli 474 e 648 c.p., il quale deteneva per la vendita merce recante marchi contraffatti riproducenti la scritta β€œRichmond” e β€œMinnie”.

La difesa sosteneva l’insussistenza del reato di cui all’articolo 474 c.p., attesa l’assenza del presupposto della registrazione dei marchi presso il competente ufficio nazionale e non sussistendo la prova della registrazione presso l’omologo ufficio Europeo ovvero presso l’Organizzazione Mondiale per la proprietΓ  intellettuale. Invero, la ricostruzione difensiva evidenziava che la parola β€œMinnie” risulta registrata quale marchio dalla Disney Enterprises Inc. esclusivamente in Francia e in base al principio di territorialitΓ  la validitΓ  e la tutela del marchio sono limitate allo Stato di registrazione. Analogamente, la dicitura “Richmond” Γ¨ marchio registrato esclusivamente in Gran Bretagna e protetto limitatamente in detto Paese.

CiΓ² premesso, il collegio sottolinea che, per consolidata giurisprudenza, la tutela dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell’ingegno o di prodotti industriali Γ¨ finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, piΓΉ che a quello privato del soggetto inventore. CiΓ² conduce a sostenere che l’art. 473 c.p., comma 3 deve essere interpretato nel senso che per la configurabilitΓ  dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo Γ¨ necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsitΓ , sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura, sicchΓ© la falsificazione dell’opera dell’ingegno puΓ² aversi soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale.

Al riguardo, la corte sottolinea che anche β€œla giurisprudenza civile ha anche recentemente ribadito che in tema di protezione del marchio vige il principio di territorialitΓ , chiarendo che l’accertamento giudiziale della titolaritΓ  di quest’ultimo Γ¨, di regola, limitato al paese di registrazione e insuscettibile di estensione in uno Stato diverso da quello in cui Γ¨ avvenuto, salvo che si tratti di marchio comunitario (registrato, cioΓ¨, per la prima volta in sede comunitaria, oppure nascente dalla registrazione ivi di un marchio giΓ  registrato in uno Stato membro, con conseguente estensione della protezione per tutti i paesi dell’Unione) o internazionale (la cui procedura di rilascio, ai sensi dell’Accordo di Madrid, sfocia nel conferimento di una pluralitΓ  di distinti marchi nazionali che producono, in ciascuno Stato ad esso aderente, gli stessi effetti della domanda di registrazione di un marchio nazionale che fosse lΓ¬ direttamente depositato)”.

CiΓ² premesso, il collegio chiarisce che la registrazione rappresenti un elemento costitutivo della fattispecie di cui all’articolo 474 c.p.,come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza successiva alla novella di cui allaΒ L. 23 luglio 2009, n. 99, e che la dimostrazione della sua sussistenza deve essere data dalla pubblica accusa, mediante prove documentali o dichiarative idonee ad attestare la registrazione dei marchi.

Dunque, la Suprema Corte ha chiarito che β€œL’applicazione nella specie della costante giurisprudenza di questa Corte alla cui stregua, ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art. 474 c.p., allorchΓ© si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative societΓ  produttrici, non Γ¨ richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce (Sez. 2, n. 36139 del 19/07/2017 Rv. 271140; Sez. 5, n. 5215 del 24/10/2013,dep. 2014, Rv. 258673; Sez. 2, n. 22693 del 13/05/2008, Rv. 240414), impone la previa acquisizione di elementi che attestino una rinomanza tale del marchio e una notoria riferibilitΓ  alla casa produttrice e alla tipologia di prodotti che contraddistingue da renderne giuridicamente attendibile la tutelabilitΓ  in sede giudiziaria, con conseguente onere a carico dell’incolpato di fornire la prova contraria.

Siffatto onere non puΓ², tuttavia, tradursi in una presunzione svincolata da elementi che ne convalidino in maniera affidabile i presupposti operativi, soprattutto quando, come nel caso in esame, sia in discussione la stessa riconducibilitΓ  dell’elemento che si assume imitato alla nozione di marchio, ovvero di tratto dotato di peculiare attitudine caratterizzante uno specifico prodotto e il relativo produttore.

Sul punto, il collegio ha ritenuto che la difesa abbia fornito elementi a sostegno dell’assenza di registrazioni dei loghi incriminati nel Registro Nazionale dei Marchi.

Diversamente, la corte sottolinea che il giudice di prime cure abbia fornito una motivazione claudicante sull’elemento costitutivo dell’illecito. CiΓ² ha condotto il collegio a ritenere che β€œIl rilevato deficit motivazionale su un elemento costitutivo dell’illecito ipotizzato impone, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per nuovo esame che dovrΓ  tener conto delle criticitΓ  segnalate”.

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