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La Corte Costituzionale sul caso Cappato e DJ FaboΒ
Lβ#incostituzionalitΓ Β del reato diΒ #aiutoΒ alΒ #suicidioΒ (in limitate ipotesi)*Β βπ»
Corte Costituzionale, Sentenza n. 242 del 24 settembre – 22 novembre 2019
La tutela del diritto alla vita, ai sensi degli artt. 2 Cost., 2 e 8 CEDU, non implica che si debba riconoscere il diritto al suicidio (e quindi a scriminare la condotta di chi lo agevola); anzi, si tratta di norme che impongono di tutelare la vita, specialmente quella dei soggetti deboli e vulnerabili, che lβordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio.
Rientra, invece, nel diritto alla salute, allβautodeterminazione e al βconsenso informatoβ (artt. 2, 13, 32 Cost.) la possibilitΓ di rifiutare di essere mantenuti in vita artificialmente qualora la persona sia: a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoliΒ» (ordinanza n. 207 del 2018). Allβuopo, la L. n. 219/2017 consente di interrompere il trattamento su richiesta dei pazienti βcapaci di agireβ e impone al medico di Β«rispettare la volontΓ espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimoΒ», rimanendo, Β«in conseguenza di ciΓ², [β¦] esente da responsabilitΓ civile o penaleΒ» (art. 1, comma 6).
La legislazione non consente allo stato al medico (e ad altri individui) di determinare la morte di un individuo che pure chieda di mettere fine alla propria vita (cd. aiuto al suicidio) e, tuttavia, la Corte Costituzionale con la citata ordinanza n. 207 del 2018 ha rilevato che, in presenza delle condizioni sopra indicate (a,b, c, d), non sia nΓ© ragionevole nΓ© conforme agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione negare la possibilitΓ che lβindividuo chieda di porre termine alla propria vita anzichΓ© limitarsi a chiedere lβinterruzione del trattamento (es. nutrizione forzata). La mera interruzione del trattamento, infatti, porterebbe allo stesso esito fatale, ma con sofferenze ben maggiori (βse chi Γ¨ mantenuto in vita da un trattamento di sostegno artificiale Γ¨ considerato dallβordinamento in grado, a certe condizioni, di prendere la decisione di porre termine alla propria esistenza tramite lβinterruzione di tale trattamento, non si vede la ragione per la quale la stessa persona, a determinate condizioni, non possa ugualmente decidere di concludere la propria esistenza con lβaiuto di altriβ). Si Γ¨ quindi rivolto un monito al legislatore perchΓ© introducesse una disciplina specifica che, alle descritte condizioni, consenta di porre fine alla vita di chi ne faccia richiesta (sempre ordinanza n. 207/2008).
La Corte rileva, quindi, che tale monito non Γ¨ stato colto dal legislatore e che, pertanto, si debba procedere a rimuovere la porzione di disciplina positiva che contrasta con i principi indicati.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte dichiara lβincostituzionalitΓ dellβart. 580 cod. pen. (reato di aiuto al suicidio), per violazione degli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., nella parte in cui non esclude la punibilitΓ di chi, con le modalitΓ previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 β ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalitΓ equivalenti nei sensi dianzi indicati β, agevola lβesecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalitΓ di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.