π‹πš 𝐩𝐒π₯π₯𝐨π₯𝐚 𝐝𝐒 𝐝𝐒𝐫𝐒𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞π₯ πŸπŸ” 𝐠𝐞𝐧𝐧𝐚𝐒𝐨 𝟐𝟎𝟐𝟎: La Cassazione sulla posizione di garanzia del primario

La Cassazione sulla posizione di garanzia del primario

Cassazione penale, sez. IV, Sent. n. 50619 del 10 dicembre 2019

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La Corte chiarisce che un β€˜primario’ puΓ² essere chiamato a rispondere penalmente delle lesioni arrecate a un paziente per la condotta colposa dei sanitari del reparto da lui diretto, nonostante che egli non sia mai venuto in contatto con il paziente e che, nel periodo (natalizio) in cui le lesioni sono state provocate, la presenza in reparto sia stata minima.

Il dirigente del reparto, infatti, resta titolare di una posizione di garanzia a tutela della salute dei pazienti affidati alla struttura, Β sebbene i decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 229 del 1999 di modifica dell’ordinamento interno dei servizi ospedalieri abbiano attenuato la forza del vincolo gerarchico con i medici che con lui collaborano; persiste, infatti, il potere – dovere in capo al dirigente medico in posizione apicale di dettare direttive generiche e specifiche, di vigilare e di verificare l’attivitΓ  autonoma e delegata dei medici addetti alla struttura, ed infine il potere residuale di avocare a sΓ© la gestione dei singoli pazienti.

Aggiunge la Corte che il testo dell’art. 590 sexies c.p., come modificato dalla cd. Legge Gelli-Bianco, non Γ¨ applicabile a una simile fattispecie in quanto le omissioni colpose contestate al β€˜primario’ sono ascrivibili a negligenza piuttosto che a imperizia e, comunque, β€œnon potrebbero dirsi rispettate nel caso di specie le raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate alla specificitΓ  del caso concreto, nΓ© tanto meno le buone pratiche clinico-assistenziali” (all’indagato, siamo in fase cautelare, sono ascritte: l’inadeguata programmazione del lavoro dei collaboratori; il mancato controllo del rispetto dei criteri di organizzazione fissati; l’omissione dei compiti di indirizzo terapeutico e di vigilanza).

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il **Γ² non aveva adeguatamente programmato il lavoro dei collaboratori e non aveva controllato l’ottemperanza ai criteri di organizzazione e di assegnazione a sΓ© o ad altri medici dei pazienti ricoverati (ciΓ² che, secondo il Collegio adito, sarebbe stato del resto confermato dallo stesso **Γ² in sede di interrogatorio), omettendo in specie di adempiere agli obblighi sia di indirizzo terapeutico, sia di verifica e vigilanza sulle prestazioni di diagnosi e cura affidate ai medici da lui delegati. Sul punto, non colgono nel segno le censure del ricorrente in ordine al fatto che egli era stato presente in reparto unicamente nei giorni 25 e 31 gennaio e 10 febbraio 2018, atteso che in quei giorni egli – come correttamente osservato dal Tribunale del Riesame – avrebbe potuto e dovuto ottemperare ai compiti di verifica e di vigilanza a lui affidati.

NΓ© coglie nel segno quanto rilevato dal ricorrente in riferimento ai riconoscimenti professionali a lui attribuiti sul piano delle capacitΓ  organizzative, essendo necessario accertare se tali capacitΓ  fossero state dimostrate in occasione della vicenda per cui Γ© giudizio, ciΓ² che sembra escluso sulla base degli atti.

Γ‰ lo stesso percorso argomentativo della sentenza Sez. 4, n. 18334 del 21/06/2017, dep. 2018, De Luca, evocata tanto dal Tribunale del Riesame quanto dal ricorrente, a precisare – richiamando altra precedente giurisprudenza – che Β«il medico in posizione apicale con l’assegnazione dei pazienti opera una vera e propria Β«delega di funzioni impeditive dell’eventoΒ» in capo al medico in posizione subalterna (Sez. IV, 28 giugno 2007, n. 39609, Rv. 237832, in cui si legge che gli obblighi di garanzia connessi all’esercizio della organizzazione ospedaliera consentono al medico in posizione apicale di trasferire al medico subordinato funzioni mediche di alta specializzazione o la direzione di intere strutture semplici (con riferimento al medico in posizione intermedia) oppure la cura di singoli pazienti ricoverati nella struttura (con riferimento al medico in posizione iniziale).

Ovviamente anche attraverso detta delega il medico apicale “delegante” non si libera completamente della propria originaria posizione di garanzia, conservando una posizione di vigilanza, indirizzo e controllo sull’operato dei delegati.

Obbligo di garanzia che si traduce, in definitiva, nella verifica del corretto espletamento delle funzioni delegate e nella facoltΓ  di esercitare il residuale potere di avocazione alla propria diretta responsabilitΓ  di uno specifico caso clinicoΒ».

E’, poi, la stessa sentenza n.18334/2018 a chiarire che la responsabilitΓ  del primario ospedaliero Γ¨ esclusa Β«allorchΓ© il medico apicale abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo e, ciononostante, si verifichi un evento infausto causato da un medico della propria strutturaΒ»; con ciΓ² implicitamente affermando a contrario che la responsabilitΓ  Γ© ipotizzabile allorchΓ© il medico apicale non abbia svolto in modo adeguato quei compiti. Ma, ancor piΓΉ chiaramente – e facendo specifico riferimento alle regole cautelari ricavabili dall’ordinamento ospedaliero vigente – si esprime in proposito Sez. 4, Sentenza n. 47145 del 29/09/2005, Sciortino e altri, Rv. 232843, laddove afferma che il dirigente medico ospedaliero Γ¨titolare di una posizione di garanzia a tutela della salute dei pazienti affidati alla struttura, perchΓ© i decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 229 del 1999 di modifica dell’ordinamento interno dei servizi ospedalieri hanno attenuato la forza del vincolo gerarchico con i medici che con lui collaborano, ma non hanno eliminato il potere – dovere in capo al dirigente medico in posizione apicale di dettare direttive generiche e specifiche, di vigilare e di verificare l’attivitΓ  autonoma e delegata dei medici addetti alla struttura, ed infine il potere residuale di avocare a sΓ© la gestione dei singoli pazienti.

Sul piano del quadro normativo, peraltro, non riverbera alcun effetto sulla fattispecie in esame quanto stabilito dall’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge n. 24/2017 (c.d. legge Gelli – Bianco): invero, nella specie gli addebiti mossi al **Γ² sembrano connotarsi essenzialmente in termini di negligenza, piuttosto che di imperizia; e comunque, per quanto si Γ© detto, non potrebbero dirsi rispettate nel caso di specie le raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate alla specificitΓ  del caso concreto, nΓ© tanto meno le buone pratiche clinico-assistenziali. Con la conseguenza che non Γ© ipotizzabile neppure un innalzamento della soglia di gravitΓ  della colpa penalmente rilevante rispetto agli standard ordinari.