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Coronavirus: Illegittima lโ€™ordinanza della Regione Calabria di parziale apertura delle attivitร  di ristorazione

La competenza primaria per la gestione dellโ€™emergenza epidemiologica da Covid19 รจ dello Stato

di Luca Cestaro

T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sentenza n.841 del 9.05.2020

La questione

Il T.A.R. Calabria รจ evocato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri affinchรฉ annulli lโ€™ordinanza n.37/2019 con cui la Regione Calabria ha, in contrasto con il d.P.C.M. del 26 aprile 2020, consentito โ€œla ripresa delle attivitร  di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli allโ€™apertoโ€.

La Sentenza, pur resa in forma semplificata giร  nella fase cautelare, รจ stata motivata con ampiezza e presenta molti spunti di interesse.

Il conflitto di attribuzione e il T.A.R.

La Regione eccepisce che si tratti di un vero e proprio conflitto di attribuzione, come tale โ€œgiustiziabileโ€ solo innanzi alla Corte costituzionale.

La possibilitร  di sollevare il conflitto di attribuzione in relazione alla delimitazione della sfera di competenza costituzionale dei diversi livelli di Governo e il conflitto di attribuzione (art. 134 Cost. e art. 37 L. n. 87 dellโ€™11 marzo 1953) trova un proprio terreno di elezione proprio con riferimento agli atti amministrativi, quali sono quelli di cui si discute (d.P.C.M. e ordinanze regionali).

In questo senso la controversia presenta il richiesto โ€˜tono costituzionaleโ€™. Esso sussiste, appunto, quando non sia lamentata โ€œuna lesione qualsiasi, ma una lesione delle proprie attribuzioni costituzionaliโ€ e non รจ escluso dalla possibilitร  โ€“ pacifica nel caso di specie โ€“ che lโ€™atto sia impugnabile in sede giurisdizionale. In merito, lโ€™alternativitร  tra i due rimedi รจ espressamente sancita dalla giurisprudenza puntualmente citata dalla Corte calabrese.

La Corte di Cassazione ha, in merito, chiarito come siano diversi, per struttura e finalitร ,il conflitto di attribuzione Stato – Regione e il sindacato giurisdizionale davanti al giudice amministrativo.Il primo รจ, infatti, finalizzato a restaurare l’assetto complessivo dei rispettivi ambiti di competenza, mentre il secondo opera sul piano oggettivo di verifica di legalitร  dell’azione amministrativa, avendo l’esclusiva mira della puntuale repressione dell’atto illegittimo.

I differenti obiettivi perseguiti con l’instaurazione dei due giudizi ben legittimano, dunque, l’alternativa proposizione di uno dei due rimedi (v. Corte di Cassazione n. 17656/2013).

Il T.A.R. fa propria questa conclusione chiarendo che โ€œil soggetto legittimato ad impugnare l’atto autoritativo dinanzi al giudice amministrativo puรฒ valutare se sussistono i presupposti per sollevare un conflitto di attribuzione, ovvero se avvalersi del rimedio di carattere generale della giurisdizione generale di legittimitร . Tale conclusione risulta corroborata dalla considerazione per cui, mentre la Corte costituzionale puรฒ decidere le censure attinenti al riparto delle attribuzioni, il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 113 Cost., puรฒ decidere su ogni profilo di illegittimitร  dell’atto, anche su dedotti aspetti di eccesso di potere, sicchรฉ, anche per esigenze di concentrazione, lโ€™Ente in conflitto ben puรฒ scegliere se, anzichรฉ proporre due giudizi e devolvere alla Corte costituzionale l’esame dei profili sul difetto di attribuzione, sia il caso di proporre un solo ricorso al giudice amministrativo, deducendo tutti i possibili motivi di illegittimitร  dell’attoโ€.

La natura dellโ€™ordinanza regionale e del d.P.C.M.

La qualificazione dellโ€™ordinanza regionale operata dal T.A.R. รจ quella di un โ€œatto generaleโ€ non normativo.

La conclusione รจ condivisibile nella misura in cui tali ordinanze โ€œin tema di igiene e sanitร  pubblicaโ€ sono adottate ai sensi dellโ€™art. 32 co. 3 L. 833/1978 (istituzione del servizio sanitario nazionale) e, quindi, sebbene abbiano una portata generale, sono ascrivibili a delle ordinanze di necessitร  e urgenza. Il dibattito circa la natura normativa o meno di tali ordinanze non si รจ mai del tutto sopito; prevale, tuttavia, la tesi che nega la natura normativa per essere gli effetti di simili ordinanze -anche derogatori della normativa primaria- destinati a venir meno con il cessare della situazione di urgenza che ne ha determinato lโ€™emanazione.

La stessa natura viene riconosciuta al d.P.C.M. statale che assume i caratteri dellโ€™atto necessitato in quanto i presupposti e il contenuto sono determinati dal decreto-legge 19/2020. Il T.A.R. chiarisce che รจ, infatti, la legge a predeterminare il contenuto delle restrizioni alla libertร  di iniziativa economica, demandando ad un atto amministrativo la sola commisurazione dellโ€™estensione delle limitazioni medesime.

Entrambi gli atti, quindi, devono essere impugnati direttamente e non possono essere oggetto di disapplicazione.

La sussidiarietร  letta in chiave โ€œstato centricaโ€

Il T.A.R. richiama quelle statuizioni della Corte costituzionale che hanno inteso il principio di sussidiarietร  in chiave โ€œstato-centricaโ€, nel senso che la devoluzione di funzioni amministrative allo Stato determini lโ€™avocazione allo Stato della competenza legislativa pur se vengano in rilievo materie a competenza concorrente (tutela della salute e protezione civile) oltre che a competenza esclusiva (profilassi internazionale; v., in merito, Corte costituzionale, Sentenza 14 luglio 2006, n. 284).

La natura nazionale (e internazionale) dellโ€™emergenza determina, in sostanza, che la competenza legislativa venga ascritta allo Stato e ciรฒ perchรฉ โ€œlโ€™avocazione della funzione amministrativa si deve accompagnare allโ€™attrazione della competenza legislativa necessaria alla sua disciplina, onde rispettare il principio di legalitร  dellโ€™azione amministrativaโ€. In simili, ipotesi, peraltro lโ€™intervento legislativo per esigenze unitarie deve accompagnarsi โ€œa forme di leale collaborazione tra Stato e Regioni nel momento dellโ€™esercizio della funzione amministrativa (cfr., sul punto, Corte cost. 22 luglio 2010, n. 278)โ€ che, nel caso di specie, sono previste dalla norma che impone di sentire i Presidenti delle Regioni interessate o il Presidente della Conferenza delle Regioni se le misure riguardino lโ€™intero territorio nazionale (art. 2 decreto-legge 19/2020).

Nessuna violazione, poi, vi sarebbe dellโ€™art. 41 Cost. (โ€œlโ€™iniziativa economica privata รจ libera. Non puรฒ svolgersi in contrasto con l’utilitร  sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertร , alla dignitร  umanaโ€ฆโ€) in quanto, da un lato, la norma non prevede una riserva di legge e, dallโ€™altro, รจ la legge, come si รจ detto, a predeterminare il contenuto dei provvedimenti restrittivi della libertร  economica per prevalenti esigenze di salute pubblica.

Sulla base delle due argomentazioni appena riportate, il T.A.R. ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalitร  sollevata dalla Regione Calabria rispetto ai limiti posti al potere regionale da parte dellโ€™art. 3 del decreto-legge 19/2020.

Va osservato, peraltro, che la regola del decreto-legge 19/2020 per cui le Regioni possono introdurre solo misure โ€œulteriormente restrittiveโ€ rispetto a quelle previste dai d.P.C.M. presenta delle criticitร  rispetto ai principi di sussidiarietร , differenziazione e adeguatezza che regolano lโ€™attribuzione delle funzioni amministrative ai sensi dellโ€™art. 118 Cost. (tale specifica questione non sembra essere stata sollevata dalle parti, motivo per cui il T.A.R. non la affronta).

Non รจ in discussione lโ€™avocazione allo Stato della competenza legislativa secondo quanto si รจ detto sopra, ma la possibilitร  per la legge statale di ripartire le funzioni amministrative limitando in modo cosรฌ rilevante le possibilitร  di azione per le autoritร  regionali; come sostenuto da parte della dottrina, lโ€™applicazione dei principi di cui allโ€™art.118 Cost. porterebbe a ritenere preferibile una soluzione che consentisse di adeguare le misure allโ€™emergenza tanto in senso piรน restrittivo (come consentito dal decreto-legge) quanto in senso meno restrittivo (il che non รจ consentito dal decreto-legge). Secondo questa tesi, nel quadro delle misure indicate dallo Stato e senza sovrapporre il proprio indirizzo politico-amministrativo a quello statale (ad es. come avverrebbe se inammissibilmente una Regione disponesse misure di maggiore apertura in applicazione della strategia che mira al rapido perseguimento della cd. immunitร  di gregge), non si sarebbe dovuto escludere a priori che -in applicazione del principio di sussidiarietร - talune circostanze concrete potessero indurre a una maggiore apertura in talune zone della Regione (si pensi, a livello teorico, a delle isole prive di contagio e con limitati contatti con la terraferma).

Le ragioni dell’illegittimitร  dellโ€™ordinanza regionale

Lโ€™esposizione di cui al paragrafo precedente chiarisce come la misura di maggiore apertura disposta dalla Regione Calabria si ponga in contrasto con lโ€™art. 3 del decreto-legge. Tale circostanza, come puntualmente rilevato dal T.A.R., induce allโ€™accoglimento del ricorso.

Inoltre, il ricorso รจ ritenuto fondato anche rispetto al difetto di motivazione in quanto lโ€™ordinanza regionale รจ stata motivata solo con riferimento al limitato valore di replicazione del virus e non ha tenuto conto di altri elementi โ€œquali lโ€™efficienza e capacitร  di risposta del sistema sanitario regionale, nonchรฉ lโ€™incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale)โ€. In merito, il T.A.R. sembra evocare anche la violazione del principio di precauzione โ€œper cui ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attivitร  potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientificheโ€.

Infine, lโ€™ordinanza regionale รจ ritenuta illegittima anche per il mancato rispetto del principio di leale collaborazione, inteso come elemento sintomatico del vizio di eccesso di potere, nel procedimento che ha portato alla sua emanazione. Essa, infatti, non รจ stata preceduta da alcuna โ€œforma di intesa, di consultazione o anche solo di informazione nei confronti del Governo”.