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Estorsione (e non esercizio arbitrario) nei confronti del padre

#estorsione #629cp #649cp #esercizioarbitrario

Corte di Cassazione, sez. II penale, Sent. n. 23786 dellโ€™11.08.2020

  1. L’estorsione e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni sono reati che si consumano attraverso l’uso della “violenza” e della “minaccia” ossia mediante il compimento di azioni potenzialmente costrittive.

La giurisprudenza ritiene che, se la condotta violenta o minacciosa sia tale da annichilire la volontร  della vittima, sia configurabile il reato di estorsione nonostante che la condotta sia rivolta allโ€™attuazione di un proprio preteso diritto. Nella descrizione codicistica della condotta estorsiva l’utilizzo del verbo “costringere” evidenzia, appunto,โ€œla volontร  del Legislatore di sanzionare ogni condotta che generi lโ€™annullamento delle capacitร  volitive della vittima, trasformandola in un esecutore non reattivo degli interessi illeciti dell’autoreโ€.

Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni รจ, invece, configurabile quando un diritto giudizialmente azionabile venga soddisfatto attraverso attivitร  violente o minatorie che non abbiano un epilogo costrittivo, ma piรน blandamente persuasivo.

Nel caso di specie, รจ stata qualificata come tentata estorsione la condotta del figlio che abbia violentemente percosso il padre per ottenere il proprio mantenimento nonostante che fosse stata accertata giudizialmente la non debenza dello stesso; da un lato, infatti, era stata acclarata la insussistenza del diritto e, dallโ€™altro, la condotta era tale da conculcare del tutto la volontร  della vittima.

  1. Il secondo aspetto riguarda lโ€™applicabilitร  della causa di non punibilitร  e della condizione di non procedibilitร  di cui ai co. 1 e 2 dell’art. 649 cod. pen. anche nel caso in cui i delitti ivi contemplati siano in forma tentata (โ€œNon รจ punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:1) del coniuge non legalmente separato;1-bis) della parte dellโ€™unione civile tra persone dello stesso sesso;2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta , ovvero dell’adottante o dell’adottato;3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dellโ€™unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontร  di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll’autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle personeโ€).

In merito, si ribadisce il principio di diritto secondo il quale, in tema di reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti lโ€™art. 649 c.p. trovi applicazione anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli art. 628, 629 e 630 cod. pen., ma non nel caso in cui tali condotte siano commesse con violenza alle persone.