Spunti sulla prelazione del promotore nella finanza di progetto ex art. 183 co 15 D.Lgs 18 aprile 2016 n.50

di Massimo Marasca- Magistrato

Con la recente modifica intervenuta con il Decreto Legge n. 76 del 16 luglio 2020 (articolo 8, comma 5) è stato esteso l’ambito applicativo project financing ad iniziativa privata anche alle opere pubbliche inserite negli strumenti di programmazione formalmente approvati dalla pubblica amministrazione aggiudicatrice.

Si è raggiunta così una duplice finalità positiva: da un lato si attua il principio di libera concorrenza prevedendo nuove aree di contendibilità tra i privati; dall’altro quello di assicurare una complessiva ed efficiente gestione anche degli interventi programmati con finanziamenti interamente a carico dei privati.

Le nobili finalità della novella legislativa sono, però, messe a rischio dalla permanenza del diritto di prelazione in favore del soggetto promotore.

In base all’art.183 comma 15 del 18 aprile 2016 n.59 il promotore può infatti accaparrarsi la commessa pubblica semplicemente eguagliando l’offerta dell’aggiudicatario, che in seguito a ciò è estromesso dalla gara e ristorato delle spese dell’offerta.

L’art. 183 co 15 è, infatti, disposizione che si presenta monca, anomala, incoerente con l’estensione scaturente dall’art.8, comma 5 del dlgs 16 luglio 2020, nonché difficilmente compatibile con il diritto comunitario, economicamente sconveniente e perfino dannosa.

Quanto alle carenze, si evidenzia, innanzitutto, come la disciplina del diritto di prelazione non regoli l’ipotesi in cui vengono presentate più proposte per un medesimo lavoro o opera. Lacunosa è anche la disciplina dei contenuti del bando di gara, che si limita a sancire l’indicazione del diritto di prelazione di cui gode il promotore all’interno del bando. Si segnala, inoltre, l’assenza di limiti temporali alla presentazione delle offerte, venuti meno con la recente modifica intervenuta con il Decreto Legge n. 76 del 16 luglio 2020 : secondo l’Anac[1]una simile omissione può agevolare condotte opportunistiche o speculative da parte degli operatori economici che, una volta presentata l’offerta, acquisiscono il diritto di prelazione.

 

Quanto alle anomalie e all’incoerenza, il diritto di prelazione attribuito dal codice dei contratti pubblici al promotore ha, in effetti, delle connotazioni decisamente peculiari rispetto agli altri casi di prelazione legale previsti dal Codice civile.Il diritto di prelazione[2] consiste nel diritto di essere preferiti ad altri nella conclusione di un contratto; le parti possono stabilirlo convenzionalmente (prelazione volontaria) o, in altri casi, è previsto dalla legge (prelazione legale), con garanzie più preganti a favore del prelazionario.

La prelazione convenzionale attribuisce un diritto di credito o un diritto potestativo, mentre la prelazione legale attribuisce un diritto reale. La prelazione legale presenta i seguenti caratteri:

  • ha fonte nella legge[3],
  • ha efficacia reale,
  • è opponibile ai terzi,
  • attribuisce al prelazionario il diritto di riscatto o retratto.

Per l’esercizio del diritto di prelazione è necessaria la c.d denuntiatio: si tratta della dichiarazione con cui il concedente comunica al prelazionario l’intenzione di concludere il contratto alle medesime condizioni del terzo offerente.

Il diritto di prelazione di cui all’art. 183 co 15 del codice dei contratti pubblici ha connotazioni non compatibili con la disciplina generale succintamente rammentata[4].

Innanzitutto, si tratta di un diritto di prelazione che ha come oggetto una posizione di primato nell’ambito di una graduatoria pubblica di cui fanno previamente parte sia prelazionario che terzo, e non il subentro automatico in un diritto che il concedente ha intenzione di trasferire ad un terzo estraneo all’obbligo legale.

In secondo luogo, l’istituto della denuntiatio è sostituito de plano dalla ordinaria comunicazione dell’aggiudicazione della gara e l’unica formalità prevista a carico del prelazionario è la dichiarazione, entro il termine di quindici giorni dalla suddetta comunicazione, di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario, mentre il pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese sostenute dal terzo per la predisposizione dell’offerta è previsto dalla legge come obbligazione da adempiere successivamente all’esercizio del diritto di prelazione, senza la previsione di alcun termine di decadenza.

Va aggiunto che, in seguito alla novella intervenuta con Decreto Legge n. 76 del 16 luglio 2020 0 si pone anche un problema di coerenza dell’istituto:il diritto di prelazione riguarda anche le opere oggetto dei programmi, che il promotore abbia inteso realizzare. Si tratta di opere in cui è preponderante l’interesse pubblico e che di privato hanno solo i capitali. In sostanza la prelazione è più coerente con le opere non previste dai programmi e che sono realizzate su iniziativa dei privati, i quali hanno evidentemente perseguono anche e soprattutto scopi propri nella realizzazione di un’opera di pubblico interesse. E’ illogico attribuire la prelazione in relazione a opere per le quali il privato potrebbe non nutrire interesse.

 

La doglianza più significativa è quella relativa all’incompatibilità con il diritto comunitario. E’ da segnalare che la problematica è stata denunciata più volte dalle autorità amministrative e dalle magistrature competenti, perché la prelazione in favore del promotore non è prevista dalle direttive comunitarie.  In proposito il nostro legislatore ha assunto un comportamento ondivago e contraddittorio[5], rendendola un istituto dalla vita travagliata: ha dapprima introdotto il diritto di prelazione (dell’art. 7, comma 1, lett. bb), della l. 1° agosto 2002, n. 166(anche detta “Legge Merloni quater”), lo ha modificato in ben due occasioni (l. 18 aprile 2005, n. 62- c.d. “Legge comunitaria 2004”; ald .lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il), abolito (con l’art. 1, comma 1, lett. r), d.lgs. 31 luglio 2007, n. 113 (c.d. “Secondo correttivo” al Codice dei contratti pubblici), sulla spinta della Commissione europea che aveva avviato una procedura di infrazione (lettera di messa in mora del 19 dicembre 2002, parere motivato del 15-10-2003) e, infine, in seguito al rigetto della procedura d’infrazione per motivi processuali (sentenza CGE 21 febbraio 2008, C- 412/04), lo ha reintrodotto con d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 (c.d. “Terzo correttivo” al Codice dei contratti pubblici), ora confluito nell’art.183 codice dei contratti pubblici.

Nonostante le plurime modifiche legislative e il rigetto della procedura di infrazione per motivi processuali, rimangono profili di contrasto con il diritto comunitario così come denunciato dalla CGE, Commissione Europea, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, dall’AVCP e dall’ANAC ( anche se quest’ultima ha però manifestato pareri altalenanti).

Sinteticamente si rammentano gli orientamenti assunti dalle citate autorità:

  • Prima ancora della introduzione del diritto di prelazione, la giurisprudenza europea aveva affermato che, in base al principio di parità di condizioni tra tutti i concorrenti, all’amministrazione aggiudicatrice non era consentito prendere in considerazione modificazioni apportate all’offerta iniziale da un solo concorrente, che altrimenti sarebbe risultato avvantaggiato rispetto agli altri (CGUE, 25 aprile 1996, C-871994);
  • l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha ritenuto che le disposizioni introdotte nel 2002, «a parte la configurabilità di disarmonie rispetto ai principi comunitari, se da un lato possono incentivare la presentazione di proposte, dall’altro rischiano di limitare l’interesse del mondo produttivo a partecipare alla gara per l’individuazione dei due partecipanti alla prevista procedura negoziata, gara il cui risultato può essere vanificato con l’anzidetta prelazione» (AVCP, ora ANAC, determinazione 16 ottobre 2002, n. 27);
  • in data 15 ottobre 2003 la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano un parere motivato, come preavviso dell’avvio di una fase contenziosa,ai sensi dell’art. 226, comma 2, del Trattato CE, auspicando l’introduzione di una nuova disciplina che tenesse conto di due aspetti necessari: a) che fosse data preventiva conoscenza a tutti i potenziali interessati, fin dall’avvio della procedura e tramite adeguate forme di pubblicità, dei vantaggi legati alla qualifica di promotore; b) che fossero predeterminati i criteri, di natura obiettiva e non discriminatoria, in base ai quali l’amministrazione avrebbe potuto scegliere la proposta da mettere successivamente a gara;
  • La sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato con parere 1750 del 6 giugno 2007, relativo alla bozza del testo normativo di quello che sarebbe poi divenuto il decreto legislativo 113-07, aveva già caldeggiato l’abrogazione del diritto di prelazione, rilevando che essa “… Anche sul piano sostanziale e inopportuna perché rende poco appetibile la partecipazione alla gara e rischia così di sottrarre di fatto la concorrenza questo importante istituto”;
  • sempre la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato con parere numero 2357 del 14/7/2008, reso sullo schema di decreto legislativo di modifica del decreto legislativo 163-06, aveva evidenziato che il diritto di prelazione non configurerebbe una violazione al principio della parità di trattamento tra i competitori ma una posizione qualificata, sottolineando, tuttavia, che l’istituto non è previsto dalle direttive comunitarie, introducendo un sistema di aggiudicazione non contemplato dal diritto comunitario, e invitava il Governo a prendere in considerazione la possibilità di sopprimerlo;
  • più di recente l’ANAC ha espresso pareri contrastanti. Nella delibera numero 867 del 17 ottobre 2018, riguardante un parere emesso ai sensi dell’articolo 211, comma 1 del decreto legislativo 50-16, l’autorità ha rilevato che “il diritto di prelazione, riconosciuto dalla norma è del tutto in linea con il diritto europeo, poiché l’amministrazione riconosce tale facoltà solo a seguito dell’espletamento di una procedura di evidenza pubblica, avviata con la pubblicazione di un bando, con il quale tutti i soggetti vengono messi al corrente dell’esistenza di tale diritto riconosciuto in capo al soggetto proponente del progetto iniziale. Tale preventiva informazione concorrenti in ordine al diritto di prelazione pertanto da considerarsi ineludibile onere di trasparenza”. Diversamente si è espressa l’ANAC nel recentissimo parere del 4 agosto 2020, relativo alla riforma introdotta con il decreto semplificazioni numero 76 del 2020, dove, con riferimento ai rapporti tra estensione dell’ambito applicativo della finanza di progetto e diritto di prelazione riconosciuto al promotore, ha affermato che “si ricorda che l’articolo 183, comma 16, prevedeva la possibilità per i soggetti in possesso dei requisiti del promotore di presentare una proposta nel caso di inerzia della pubblica amministrazione. Era, infatti, previsto un termine di sei mesi decorrenti dalla data di pubblicazione degli strumenti di programmazione per la presentazione di un’offerta (entro 4 mesi dalla scadenza del termine precedente), nel caso in cui l’amministrazione non avesse pubblicato i bandi di gara. L’Autorità segnala che poiché il soggetto che presentano offerta acquisisce un diritto di prelazione, l’assenza di qualunque termine rischia di favorire comportamenti opportunistici da parte degli operatori economici (ad esempio per il rinnovo delle concessioni) nonché collusivi tra stazioni appaltanti e imprese”.

Si ritiene, dunque, che, ancorché la legislazione sia intervenuta per disciplinare gli aspetti di pubblicità della prelazione, vi sono aspetti di contrasto tra la disciplina nazionale del diritto di prelazione e il diritto comunitario: a) la procedura consente, infatti, al promotore di aggiudicarsi la concessione mediante il semplice adeguamento dell’offerta quella del concorrente risultato vittorioso, senza che ci sia alcuna competizione al riguardo; B) la procedura ammette il promotore alla procedura negoziata (cosiddetta seconda fase della finanza di progetto di iniziativa privata) a prescindere da ogni comparazione tra la sua offerta e quelle presentate dai partecipanti nella prima fase di gara. In sostanza la prelazione del proponente appare nettamente in contrasto con il diritto comunitario, poiché attribuisce a uno dei partecipanti alla procedura un’astratta posizione di vantaggio al promotore, senza alcuna verifica in concreto dell’offerta che pareggia quella dell’aggiudicatario e senza che sia stimolata la competizione tra i partecipanti.

I profili indicati incidono negativamente anche su un piano più strettamente economico,. In particolare, come evidenziato dal CIPE nella relazione del 2007 relativa a PPP, Finanza di progetto e diritto di prelazione, la prelazione rappresenta “un disincentivo alla concorrenza cui conseguono risultati contrari allo spirito normativo agli obiettivi stessi del concetto di gara, ovvero l’ottimizzazione del procurement pubblico, il miglioramento qualitativo delle infrastrutture e degli standard di servizi, l’ottenimento del miglior rapporto costi-benefici per le singole amministrazioni con cedenti e conseguentemente per la spesa pubblica in generale”.

In conclusione appare inevitabile il rinvio pregiudiziale alla CGE ed è quanto meno auspicabile nelle more un intervento legislativo inteso ad abolire l’istituto o a modificarlo in modo da sollecitare la competitività[6].

[1] Parere del 4 agosto 2020, relativo alla riforma introdotta con il decreto semplificazioni numero 76 del 2020

[2] M. Ferrari Diritto di prelazione: la guida pratica in https://www.altalex.com/guide/diritto-prelazione#par6

[3]Le ipotesi più note di prelazione legale sono le seguenti:

  • il retratto successorio (art. 732 c.c.) comunemente noto come “prelazione ereditaria”;
  • la prelazione a favore dei conduttori degli immobili non ad uso abitativo, anche detta “prelazione urbana” (art. 38 legge 392/1978) e ad uso abitativo (art. 3 c. 1 lett. g, legge 431/1998 che richiama gli artt. 38, 39 legge 392/1978);
  • la prelazione a favore del coltivatore diretto e del confinante, nota come “prelazione agraria” (art. 8 legge 590/1965; art. 7 d. lgs. 228/2001);
  • la prelazione nell’impresa familiare (art. 230 bisc.);
  • la prelazione a favore dello Stato nel caso di alienazione a titolo oneroso di beni di interesse storico, artistico e archeologico, anche detta “prelazione artistica” (art. 60 d.lgs. 42/2004);
  • la prelazione a favore dell’ente parco in caso di trasferimento a titolo oneroso della proprietà e diritti reali su terreni all’interno delle riserve e delle aree (art. 15 legge 394/1991);
  • la prelazione a favore dell’affittuario di azienda cinematografica (art. 20 d. l. 26/1994 convertito in legge 153/1994);
  • la prelazione su beni ecclesiastici (legge 222/1985).

[4]V. Tribunale Amministrativo Regionale Per L’Emilia Romagna, Sez. Di Parma, Sentenza 6 Marzo 2019, N. 58

[5] A. Cancrini, V. Capuzza LEZIONI DI LEGISLAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE, aracne editrice, pag. 354 e ss.

[6]Ad es reinserendo il dialogo competitivo previsto dall’art. 153 co 13 del dlgs 163/2006.