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Lβusucapione (negata) dellβalloggio di servizio e lβindebito arricchimento nei confronti della P.A.
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Corte di Cassazione, sez. II civile, Sentenza n. 1611 del 26.01.2021
1. Un dipendente regionale, da anni occupante lβalloggio di servizio conferitogli dalla Regione,reclama lβavvenuta usucapione dellβbene immobile e, in subordine, lβindennizzo in relazione ai miglioramenti apportati allβimmobile e alle costruzioni ivi effettuate.
2. Le Corti dei primi gradi di giudizio avevano escluso lβusucapione in quanto la parte ricorrente non aveva dimostrato lβavvenuta sdemanializzazione del bene che, stante la non usucapibilitΓ dei beni demaniali, Γ¨ condizione necessaria al perfezionamento della fattispecie.
Il caso Γ¨ lβoccasione per riaffermare il principio secondo cui l’appartenenza degli immobili al patrimonio disponibile dell’ente pubblico – e non al demanio – Γ¨ un fatto che attiene agli elementi costitutivi della domanda di usucapione che, in base alla regola di riparto dell’onere della prova prevista dall’art. 2697 c.c., dev’essere provata dall’attore.
3. Quanto allβazione di indebito arricchimento (art. 2041 co. 1 c.c.: βchi, senza una giusta causa, si Γ¨ arricchito a danno di un’altra persona Γ¨ tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimonialeβ) nei confronti della Pubblica amministrazione, la Sezione rammenta che, per il riconoscimento dellβindennizzo, Γ¨ necessario non solo il fatto materiale della esecuzione dell’opera o della prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di questo, della utilitΓ della predetta opera o prestazione.
Il riconoscimento puΓ² essere:
-) esplicito e formale e, quindi, consistere in una dichiarazione di scienza, espressamente ricognitiva della utilitΓ della prestazione acquisita, secondo un rapporto di adeguatezza e coerenza tra utilitΓ riconosciuta e pubblica finalitΓ ;
-) implicito e, quindi, consistere in una concreta utilizzazione della cosa o prestazione secondo una destinazione oggettivamente rilevabile ed equivalente, nel risultato, a un esplicito riconoscimento di utilitΓ (Cass. n. 1884 del 2002).
βIl giudizio sull’utilitΓ , perΓ², Γ¨ riservato esclusivamente alla pubblica amministrazione e non puΓ² essere effettuato dal giudice il quale puΓ² solo accertare se ed in che misura l’opera o la prestazione siano state effettivamente utilizzateβ. Nel caso di specie, non Γ¨ stato possibile ravvisare alcun riconoscimento del beneficio da parte della P.A.
4. La parte ricorrente, peraltro, aveva chiesto lβindennizzo anche ai sensi dellβart. 936 co. 2 c.c. che, in tema di accessione, dispone: β(co. 1) quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle. (co. 2) Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore recato al fondoβ.
Anche tale prospettazione Γ¨, tuttavia, respinta.
La Corte, infatti, afferma che lβindennizzo ai sensi dellβart. 936 c.c. trova applicazione soltanto quando l’autore delle opere sia realmente terzo, ossia non abbia con il proprietario del fondo nΓ© un rapporto giuridico di natura (reale o personale) che gli attribuisca la facoltΓ di costruire sul suolo nΓ© un rapporto giuridico (reale o personale) che, pur non attribuendo la facoltΓ di costruire, contempli una specifica disciplina delle opere realizzate sul bene impiegato nel rapporto.
La giurisprudenza ha, quindi, escluso lβapplicabilitΓ dellβindennizzo nei confronti dell’appaltatore,del condomino, del comproprietario del suolo, del detentore dell’immobile che ne abbia ricevuto il possesso in base ad un contratto preliminare di vendita nonchΓ© del comodatario. E, appunto, il ricorrente viene individuato quale comodatario dellβalloggio di servizio con conseguente rigetto della domanda di indennizzo.