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Il fenomeno dei reati culturalmente orientati con riferimento al delitto di riduzione o mantenimento in schiavitΓΉ o in servitΓΉ

A cura dell’avvocato Paolo Vincenzo Rizzardi

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Corte di Cassazione, sez. V penale, Sentenza n. 30538 del 04/08/2021.

La decisione in commento offre degli ottimi spunti di riflessione sul rapporto tra le fattispecie di cui agli articoli 558 bis e 600 del codice penale, sul concetto di successione di leggi penali nel tempo e sull’incidenza nel nostro ordinamento dei reati culturalmente orientati.

Relativamente all’articolo 558 bis c.p., esso Γ¨ un delitto introdotto dall’articolo 7 della legge n. 69/2019 ( c.d. β€œ codice rosso”) e punisce chiunque costringe, con violenza o minaccia, una persona a contrarre matrimonio o un’unione civile.

Diversamente, il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitΓΉ o in servitΓΉ, di cui all’articolo 600 c.p., cosΓ¬ come modificato dalla legge n. 228/2003, stigmatizza β€œla condotta di chi esercita su di un essere umano un dominio equivalente a quello che la titolaritΓ  del diritto dominicale consente di esercitare su di una cosa. La norma richiede peraltro che i poteri esercitati sull’altrui persona “corrispondano” a quelli del diritto di proprietΓ , formula idonea ad evocare non solo la condizione di schiavitΓΉ di diritto, ma altresΓ¬ quelle situazioni nelle quali di fatto venga esercitata su di un altro essere umano una signoria cosΓ¬ pervasiva da risultare equivalente nel suo contenuto alle forme di manifestazione del diritto di proprietΓ .”

Pertanto, ciΓ² che appare dirimente Γ¨ la β€œreificazione” della vittima, ossia lo sfruttamento ripetuto della stessa. Da ciΓ² consegue che la reificazione dell’essere umano, che ne comporta di per sΓ© lo sfruttamento, puΓ² prescindere dalla percezione di un guadagno economico.

Per quanto concerne il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo, tra i vari motivi di ricorso, l’imputato sosteneva che l’introduzione nel codice penale del reato di β€œ Costrizione o induzione al matrimonio” ad opera dell’articolo 7 della legge del 19 luglio 2019 n. 69 configurasse un’ipotesi di successione di leggi penali incriminatrici in riferimento al fatto giΓ  punito ai sensi dell’articolo 600 c.p. da risolversi in favore della fattispecie di nuovo conio, poichΓ© speciale e piΓΉ favorevole.
Al riguardo, la Corte di Cassazione Γ¨ di diverso avviso, in quanto, preliminarmente, sostiene che il criterio prevalente sia quello di tipo strutturale che si fonda sulla comparazione della struttura astratta della fattispecie, al fine di apprezzare l’implicita valutazione di correlazione tra le norme.

Comparazione che, nel caso di specie, non puΓ² che avere esito negativo, non registrandosi alcuna coincidenza tra le fattispecie a confronto. Infatti, i fatti tipizzati dalle due norme incriminatrici non presentano alcun elemento di contatto, posto che violenza e minaccia non sono tratti costitutivi del delitto di riduzione di schiavitΓΉ, configurabile perfino quando il soggetto passivo non sia consapevole del suo stato, bensΓ¬ di quello di riduzione o mantenimento di una persona in stato di soggezione continuativa (altrimenti detto di riduzione o mantenimento in servitΓΉ). NΓ¨, del resto, prima dell’avvento dell’art. 558-bis c.p.Β Γ¨ stato mai ipotizzato che il “matrimonio forzato e/o precoce” integrasse di per sΓ© il reato di cui all’art. 600 c.p., comma 1, ritenuto nel caso di specie.

Per quanto, invece, concerne la tematica dei reati culturalmente orientati, essa sottende β€œil conflitto che si determina tra ordinamenti di tipo consuetudinario tradizionale e ordinamenti di tipo statuale in presenza di un comportamento tenuto da un soggetto che si riconosce in un gruppo culturale minoritario che accetta tale comportamento come normale ovvero lo approva o addirittura lo incoraggia in quanto lo considera conforme alle consuetudini ed alle tradizioni religiose o sociali costituenti la cifra identitaria del gruppo medesimo, ma che, invece, Γ¨ considerato illecito dall’ordinamento giuridico – indubbiamente espressione della cultura dominante – vigente nel luogo in cui il suddetto comportamento viene tenuto. Semplificando, il problema puΓ² definirsi quello della rilevanza di un conflitto normativo determinato dall’antinomia tra la norma penale ed una regola di matrice culturale ai fini dell’affermazione della responsabilitΓ  di colui che ha violato la prima per conformarsi alla seconda.”

Al riguardo, la rilevanza del β€œfattore culturale” Γ¨ stata prevalentemente esclusa. Una delle argomentazioni a sostegno di questa ricostruzione si basa sulla β€œpreoccupazione di parte della giurisprudenza che l’indefettibile ed uniforme applicazione nei confronti di tutti i possibili destinatari delle norme penali possa subire cedimenti in favore della valorizzazione della specificitΓ  culturale dell’autore di fatti normotipo e che pertanto venga vanificato il potenziale intimidatorio e di orientamento comportamentale delle medesime”.

Sebbene quello appena esposto costituisca l’orientamento prevalente, un altro indirizzo giurisprudenziale sostiene la rilevanza del β€œfattore culturale”. CosΓ¬, ad esempio, Sez. 6, n. 43636 del 22/06/2011, S., Rv. 251044, in tema di esercizio abusivo della professione medica, ha ritenuto scusabile l’ignorantia legis caduta sulla norma extrapenale integratrice anche in ragione del fattore culturale, mentre Sez. 1, n. 51059 del 4/12/2013, ha valorizzato il movente culturale-religioso al fine di escludere la configurabilitΓ  dell’aggravante dei futili motivi in relazione ad un caso di tentato omicidio.

Tuttavia appare opportuno sottolineare che l’orientamento prevalente e consolidato della giurisprudenza haΒ β€œescluso la configurabilitΓ  di una “scriminante culturale” in tutti quei casi in cui l’esercizio del diritto dell’agente a rimanere fedele alle regole sociali del proprio gruppo identitario di riferimento si traduce nella negazione dei beni e dei diritti fondamentali configurati dall’ordinamento costituzionale presidiati dalle norme penali violate”.

AltresΓ¬, tale ricostruzione Γ¨ conforme all’articolo 2 della Convenzione di Parigi del 2005, per la cui protezione del diritto alla diversitΓ  culturale non puΓ² essere invocata per violare i diritti umani e le libertΓ  fondamentali.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha specificato che β€œl’esclusione dell’incidenza del “fattore culturale” sulla rilevanza penale della condotta lesiva di beni fondamentali, nelle sue oggettive connotazioni considerata, non impedisce in astratto che lo stesso fattore possa assumere invece rilevanza in riferimento ad altri elementi strutturali del reato ovvero alla determinazione del trattamento sanzionatorio (…). In proposito la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha condivisibilmente osservato come a tal fine sia necessario valutare la natura della regola culturale in adesione alla quale la condotta Γ¨ stata posta in essere – se cioΓ¨ di matrice religiosa, consuetudinaria o positiva (prevista cioΓ¨ dall’ordinamento giuridico di eventuale originaria appartenenza) – nonchΓ© il suo carattere vincolante per l’agente, ma altresΓ¬ il livello di integrazione di quest’ultimo nel contesto sociale dominante.”

CiΓ² premesso, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che nel caso di specie non sia possibile attribuire rilevanza nΓ© alla scriminante culturale nΓ© alla volontΓ  della vittima di aderire alle consuetudini della comunitΓ  Rom, in quanto il bene giuridico tutelato dall’articolo 600 c.p. Γ¨ costituito dalla libertΓ  personale.