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Il giudizio di vessatorietΓ  delle clausole che determinano l’oggetto del contratto o l’adeguatezza del corrispettivo

A cura dell’avvocato Paolo Vincenzo Rizzardi

#clausolevessatorie#accertamentodellavessatorietΓ delleclausole#nullitΓ diprotezione#art.33d.lg.205/2005#34.lg.205/2005#art.36.lg.205/2005

Corte di Cassazione, sez. I civile, Sentenza n. 23655 del 31/08/2021

La pronuncia in commento offre degli ottimi spunti di riflessione sulla tematica delle clausole vessatorie. Infatti, la decisione chiarisce se possano o meno essere considerate vessatorie le clausole relative all’oggetto del contratto o all’adeguatezza del corrispettivo, nel caso in cui tali elementi non siano individuati in modo chiaro e comprensibile.

Il caso concreto riguardava la lamentata illegittimitΓ , sotto diversi profili,delle clausole contrattuali concernenti il meccanismo di indicizzazione dei contratti e di estinzione anticipata per contrarietΓ  al Testo unico finanziario, alΒ Testo unico bancario e alle norme del codice del consumo.

In particolare, gli attori chiedevano la condanna della banca alla restituzione dell’importo di € 14.110,66, oltre gli interessi, in occasione dell’estinzione anticipata del mutuo. Gli attori sostenevano, altresΓ¬, il diritto di estinguere il mutuo con il pagamento del solo importo capitale senza indicizzazione.

Il convenuto, al contrario, si difendeva precisando che il contenuto del contratto di “mutuo in Euro indicizzato al franco svizzero”, stipulato con gli attori,fosse chiaro e comprensibile, relativamente alla sua indicizzazione non solo quanto agli interessi, ma anche quanto al capitale.

Dopo una sintetica digressione al punto 2.4.1. della decisione in commento circa la Direttiva 5/4/1993 n.13 (Direttiva del Consiglio concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori), la Corte chiarisce che le disposizioni sovranazionali sono state recepite dagli articoli 33 e ss. del D. lgs. 206/2005 (codice del consumo).

L’art. 33 del D. lgs. 206/2005, riprendendo l’art. 3 della Direttiva, prevede che nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Ulteriormente, la Cassazione sottolinea che l’art. 34, comma 2, del D. lgs. 206/2005,collegandosi all’art. 4 della Direttiva, esclude che la valutazione del carattere vessatorio della clausola attenga alla determinazione dell’oggetto del contratto o all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purchΓ© tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.

Al riguardo,la Corte precisa che il criterio di chiarezza, trasparenza e comprensibilitΓ  β€œdeve essere inteso in maniera estensiva, tale, cioΓ¨, da non agire solo sul piano meramente formale e lessicale ma anche sul piano informativo; in questo modo le clausole, in correlazione tra loro, devono consentire al consumatore di comprendere e valutare, sulla base di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze che scaturiscono nei suoi confronti dall’adesione al contratto, anche sul piano economico; piΓΉ in particolare ciΓ² presuppone che, nel caso dei contratti di credito, essi debbano essere formulati in maniera sufficientemente chiara da consentire ai mutuatari di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa”.

Tali principi sono stati ribaditi dalla Corte di Giustizia, con sentenza del 3/3/2020, C.125/18, nella quale Γ¨ stato osservato che “l’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali, quale risulta dall’art. 4, paragrafo 2, e dall’art. 5 della direttiva 93/13, non puΓ² essere limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale di queste ultime. PoichΓ© il sistema di tutela istituito da detta direttiva si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferioritΓ  rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il livello di informazione, tale obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, pertanto, di trasparenza, imposto dalla medesima direttiva, deve essere inteso estensivamente […]”.

CiΓ² premesso, la Corte di Cassazione esprime il seguente principio di diritto: β€œIn tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullitΓ , se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e ciΓ² anche ove esse concernano la stessa determinazione dell’oggetto del contratto o l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile”.

Per quanto concerne le conseguenze giuridiche dell’eventuale giudizio di nullitΓ  delle singole clausole, esso non comporta la nullitΓ  dell’intero contratto, atteso il principio di cui all’articolo 1419 c.c. Infatti, l’articolo 36 del Codice del Consumo, recependo l’articolo 6 della Direttiva 1993/13/CEE, stabilisce che le clausole considerate vessatorie sono nulle diversamente dal contratto che rimane valido per il resto.