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Aggravante del metodo mafioso e principio del β€œne bis in idem”

a cura dell’avvocato Paolo Vincenzo Rizzardi

#associazioneperdelinquere #circostanzeaggravantireati #connessiattivitΓ mafiose #art.416c.p. #art.416bis.1c.p.

Corte di Cassazione, sez. II penale, Sentenza n. 25155 del 13/05/2021 (dep. 01/07/2021)

La decisione origina dall’impugnazione dell’ordinanza del GIP del Tribunale di Roma con la quale era stata applicata la misura di custodia in carcere, attesa la riconosciuta ricorrenza della c.d. aggravante del metodo mafioso. La particolaritΓ  del caso di specie deriva dal fatto che l’ordinanza impugnata aveva omesso di indicare le ragioni per le quali l’associazione a delinquere facente capo ai ricorrenti avesse acquisito la connotazione della β€œmafiosità”, nonostante che β€œle condotte fossero state commesse nel medesimo arco temporale e contesto di quello in relazione al quale si era formato il giudicato” nell’ambito di un altro processo relativo a condotte diverse sebbene collegate a quelle esaminate.

Pertanto, secondo la tesi difensiva β€œil GIP, riconoscendo natura mafiosa alle due estorsioni contestate, aveva indebitamente operato una ricostruzione postuma degli episodi criminosi, avvenuti sette anni or sono, in contrasto con il giudicato che in relazione a fatti analoghi aveva condannato il ricorrente senza che venisse in evidenza alcun metodo mafioso ed anzi ritenendo espressamente che le modalitΓ  con cui vennero perpetrati i delitti fine, stante la loro natura rudimentale, era invece privi del crisma dell’associazionismo mafioso”.

CiΓ² premesso, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, ritiene di non condividere la ricostruzione difensiva.

Infatti, la Corte sostiene che β€œIl principio del “ne bis in idem” non preclude al giudice di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo liberamente ai fini della prova di un diverso reato – si procede, infatti, nei confronti del ricorrente per diverse ipotesi estorsive ai danni di differenti persone offese – e, in particolare, dei suoi elementi circostanziali. A questo riguardo Γ¨ noto, infatti, come a far tempo dalla sentenza Zolotukh in contro Russia, la Corte EDU, nell’affrontare il tema del ne bis in idem abbia operato un profondo revirement della propria precedente giurisprudenza osservando come il bis in idem non debba limitarsi a prendere in considerazione l’identitΓ  o la diversitΓ  del nomen iuris, ma debba riguardare la identitΓ  o meno della “storicitΓ  del fatto”, inteso nella sua essenza di condotta, evento e nesso di causalitΓ . Principi questi che come Γ¨ noto sono stati integralmente recepiti nella sentenza n. 200 del 2016 della Corte costituzionale. CiΓ² sta a significare che la preclusione derivante dal precedente giudicato sull’associazione per delinquere non qualificata di natura mafiosa non impedisce che i medesimi fatti storici, sui quali si era radicata la pronuncia poi divenuta irrevocabile, valgano a “coprire” la natura di fatti storicamente diversi ed autonomi, ma eventualmente “collegati” rispetto alla fattispecie associativa”

Da ciΓ² consegue, quindi, che l’accertamento compiuto, in altro processo, in merito a una fattispecie associativa β€œsemplice” non osta al sopravvenuto accertamento del metodo mafioso.