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In tema di espropriazione e di dicatio ad patriam
a cura del Cons. Luca Cestaro
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Consiglio di Stato, sez. IV, Sent. n. 317 del 18.01.2022
- A scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti per alcune costruzioni eseguite nellโambito di un piano particolareggiato, una societร privata realizza delle opere di urbanizzazione primaria in unโarea ricadente in proprietร privata di cui lโente locale aveva disposto lโoccupazione dโurgenza senza, mai, tuttavia, emanare il decreto di esproprio.
- La fattispecie appena descritta induce il Consiglio ad affermare alcuni interessanti principi.
In primo luogo, si chiarisce che la natura privata del soggetto che ha realizzato le opere di urbanizzazione – in particolare, una strada – non fa venir meno la responsabilitร (restitutoria e risarcitoria) dellโente locale che doveva diventare proprietario della strada medesima.
Il Comune, infatti, anche quale beneficiario ultimo dellโoperazione (in quanto cessionario dei terreni e delle opere, una volta ultimate), va individuato come soggetto tenuto allโespropriazione delle aree, di proprietร di terzi, ricadenti allโinterno del piano particolareggiato ai fini della realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Lโente locale รจ, di conseguenza, legittimato passivo dellโazione risarcitoria (oltre che restitutoria).
- Tale conclusione รจ in linea con i principi secondo cui: โa) sussiste la responsabilitร solidale per il risarcimento del danno tra lโamministrazione pubblica committente dellโopera ed il soggetto (pubblico o privato) al quale, unitamente alla realizzazione dellโopera, sia stata affidata, in virtรน di delega anche il potere di gestire, in nome e per conto del delegante, il procedimento espropriativo e di emanare il decreto di espropriazione;b) anche in presenza di un rapporto concessorio (pur se previsto per legge), resta sempre fermo il potere-dovere di vigilanza dellโamministrazione concedente sullโattivitร del concessionario, con particolare riguardo allโesercizio di poteri pubblici โ e dunque anche del potere espropriativo – da parte di questiโ.
- In secondo luogo, si afferma che lโistituto dellโoccupazione acquisitiva, allโepoca operante in virtรน dei noti principi giurisprudenziali, non puรฒ ritenersi perfezionato tanto da dar luogo a un rapporto โesauritoโ. La cessazione di quello che, ormai, รจ comunemente inteso quale illecito permanente (la Sezione cita i numerosi precedenti giurisprudenziali della C.E.D.U., della Corte costituzionale oltre che della Corte di Cassazione e dello stesso Consiglio di Stato)รจ predicabile solo qualora la proprietร sia stata trasferita mediante un provvedimento di tipo espropriativo, un contratto, una sentenza o, in ultima analisi, mediante lโaccertamento dellโusucapione. In mancanza, quindi, persiste lโillecito permanente dellโoccupazione sine titulo con tutte le conseguenze che ciรฒ comporta (nel caso di specie, il Comune aveva inviato una nota endoprocedimentale con cui aveva chiesto degli adempimenti alla ricorrente in cui si era limitato a dare per assodato โ come mera dichiarazione di scienza โ lโavvenuto perfezionamento della fattispecie acquisitiva; tale nota รจ stata ritenuta insufficiente a conclamare lโavvenuta occupazione acquisitiva).
- Infine, รจ esclusa la cd. dicatio ad patriam che comporta la costituzione di una servitรน di uso pubblico qualora sia riscontrabile un comportamento del proprietario del bene che lo mette in modo univoco a disposizione di una collettivitร indeterminata di cittadini (il medesimo effetto puรฒ prodursi attraverso l’uso del bene da parte della collettivitร indifferenziata dei cittadini, protratto per il tempo necessario all’usucapione). Nel caso di specie, infatti, non รจ stato verificato alcun volontario comportamento in tal senso della proprietaria del terreno dove era stata costruita la strada.