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di Arcangelo Monaciliuni

L’evolversi fattuale del β€œdiritto dell’emergenza”, che appare galoppare di gran passo verso un precipizio istituzionale senza precedenti, riporta alla mia mente l’immagine della parabola dei ciechi di Brueghel il Vecchio.

Ancora nelle ultime ore diverse Regioni, ma non basta, anche singoli Comuni, per contrastare l’epidemia nei propri rispettivi territori han dettato norme non solo in ordine sparso, ma, per quel che piΓΉ vale, in aperto e ostentato β€œcontrasto” con lo ius, quale positum dallo Stato nell’esercizio di quel potere straordinario unitario che risiede solo in capo a quest’ultimo.

Orbene, che “giΓ  oggi, de iure condito, a Costituzione invariata, non Γ¨ dato dubitare della preminenza delle potestΓ  statali, ove si sia in presenza di una dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, comma 1, lettera c, e dell’art. 24, comma 1, del d.l.vo 2 gennaio 2018, n. 1, ovvero di uno stato di emergenza di rilievo nazionale che non conosce confini, barriere interne, comunali o regionali, oltre a non conoscere nemmeno confini esterni” (cosΓ¬ nei miei precedenti scritti Il potere di ordinanza nell’era del coronavirus;Β Lo ius (mal) positum non ricompone le fratture fra Stato e Regioni, su questa stessa rivista) Γ¨ assunto oggi suffragato dalle conclusioni del supremo consesso della giustizia amministrativa a mente delle quali β€œβ€¦ in presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza…” (cosi in seno a Cons. Stato, sezione prima, parere n. 735/2020 del 7 aprile 2020, recepito integralmente dal d.P.R. del 9 aprile 2020, in G.U. n. 96 del 10 aprile 2020, recante l’annullamento straordinario dell’ordinanza n. 105 del 5 aprile 2020 del sindaco del comune di Messina che β€œchiudeva” lo stretto di Messina).

Ed Γ¨ assunto che appare suffragato dalle conclusioni cui il Consiglio di Stato Γ¨ pervenuto anche in sede giurisdizionale, posto che la tutela cautelare invocata, ancora in sede di appello, dal ricorrente/appellante, Γ¨ stata respinta sotto il profilo della mancanza del danno grave ed irreparabile, fermo, quanto al fumus, che β€œβ€¦ i provvedimenti del Sindaco e del Presidente della regione Calabria, qui impugnati, sono stati adottati in ottemperanza di criteri e disposizioni, anche legislative, nazionali, e negli ambiti di possibile margine per integrazioni territoriali su scala regionale…” (decreto n. 1553 del 30 marzo 2020).

Ma di piΓΉ. La preminenza delle potestΓ  statali Γ¨ stata ribadita, questa volta a chiare lettere, dall’art. 3 del D.L. n. 19 del 25 marzo 2020 che, nel dettare le ultime misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha confinato il potere delle Regioni e dei Sindaci negli stretti ambiti ivi fissati, nella finale statuizione secondo la quale: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresΓ¬ agli atti posti in essere per ragioni di sanitΓ  in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”.

Ma ancora, ove mai necessario. Lo stesso Capo dello Stato ha avuto non secondaria parte nel porre il coacervo normativo/dispositivo di cui si Γ¨ detto, ove sol si consideri che Egli:

– ha emanato il decreto-legge, evidentemente non ritenendolo affetto da illegittimitΓ  costituzionale, per lo meno di portata tale da precluderne l’emanazione. È noto infatti che il controllo presidenziale sui decreti-legge va β€œritenuto di intensitΓ  almeno pari a quello spettante allo stesso Presidente sulle leggi ai sensi dell’art. 87, terzo comma, della Costituzione” (C.C. sentenza n. 406 del 1989);

– ha emanato il decreto presidenziale recante l’annullamento straordinario del provvedimento del Sindaco di Messina ai sensi e per gli effetti dell’art. 138 del Testo unico per gli enti locali, che cosΓ¬ recita: β€œIn applicazione dell’articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell’unitΓ  dell’ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha facoltΓ , in qualunque tempo, di annullare, d’ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità”.

Emanazione, anche questa, evidentemente avutasi per avere la viva vox Costitutionis ritenuto immune il provvedimento da evidenti vizi preclusivi della firma. Ed invero, come lo stesso Presidente Mattarella ha avuto modo di dichiarare pubblicamente (nell’ottobre scorso in un incontro al Quirinale con degli studenti): β€œC’è un solo caso in cui posso, anzi devo, non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione…”.

Orbene, in dette condizioni -in cui costituirebbe veramente un fuor d’opera opporre che le conclusioni del Consiglio di Stato e la firma apposta dal Capo dello Stato in calce al suo decreto non spiegano efficacia ultra vires in quanto nel nostro ordinamento non vige la regola di common law dello stare decisis– in uno Stato che ancora volesse proclamarsi di diritto,Β  credo che alle Regioni dissenzienti rispetto ai contenuti dei precetti recati dalla normativa statale non rimanesse (non rimanga) altra corretta via che quella di sollevare un conflitto di attribuzioni innanzi alla Corte Costituzionale, ivi rivendicando la propria potestas.

NΓ© Γ¨ a dirsi che di fronte a stati di necessitΓ  che rompono gli argini, che vedono un’urgenza immediata non vi sia spazio per tale ordinaria procedura. CosΓ¬ non Γ¨; lo strumentario giuridico e telematico di cui ben puΓ² farsi uso Γ¨ perfettamente in grado di consentire risposte che la sensibilitΓ  del Giudice delle leggi non farebbe mancare β€œa vista”.

È invece accaduto che le Regioni -ancora dopo che il legislatore (il Governo nella su cennata sede della decretazione di urgenza) ha parlato, che il Giudice ha parlato, che il Capo dello Stato (nell’apporre le sue firme) ha parlato- hanno continuato a muoversi in ordine sparso, andando in aperto e ostentato β€œcontrasto” con le misure disposte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in forza di legge unico titolare del potere di dettarle per l’intero territorio nazionale.

E son quindi sopravvenute le ordinanze dei Presidenti delle Giunte Regionali della Lombardia (n. 528 dell’11 aprile 2020), della Campania (n. 32 del 12 aprile 2020), del Veneto (n. 40 del 13 aprile 2020), del Piemonte (n. 43 del 13 aprile 2020), e credo potrei continuare, che, tutte, si pongono in varia misura in β€œcontrasto” con l’ultimo d.P.C.M emanato il 10 aprile 2020.

NΓ©, per dare copertura alle sopravvenute e discordi misure regionali, appare poter essere invocato l’art. 8, u.c. del decreto presidenziale, secondo cui: β€œSi continuano ad applicare le misure di contenimento piΓΉ restrittive adottate dalle Regioni, anche d’intesa con il Ministro della salute, relativamente a specifiche aree del territorio regionale”. Ed invero, siffatta previsione fa salve β€œle disposizioni piΓΉ restrittive adottate dalle Regioni, ma solo relativamente a specifiche aree del territorio regionale. Le ordinanze riferibili all’intero territorio regionale e che si pongano in contrasto con le misure di cui ai decreti del Governo (ora, del decreto del 10 aprile 2020) dovrebbero, quindi, essere considerate prive di efficacia a partire, quanto meno, dall’entrata in vigore dell’ultimo d.P.C.M. (quindi, dal 14 aprile)” (cosΓ¬, del tutto condivisibilmente Luca Cestaro, Poteri statali, regionali e comunali nella gestione dell’emergenza da COVID19 sempre su questa rivista).

E dunque, siffatta (peraltro ambigua) copertura mai potrebbe esser ritenuta una sorta di autorizzazione al buio all’emanazione di ulteriori, nuove, misure. Nessuna delega in bianco Γ¨ stata quindi conferita dal Premier, che, a sua volta, non avrebbe potuto concederla.

CiΓ² in quanto, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. n. 19 del 2020, misure piΓΉ restrittive le Regioni possono emanare solo in presenza del presupposto del verificarsi di β€œspecifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario”, il che β€œapparrebbe escludere la potestΓ  di interventi di deterrenza/contenimento in assenza dell’aggravamento, terreno questo sul quale in prevalenza finora le Regioni si sono esercitate. E tanto, avuto anche presente il ruolo essenziale dei tecnici, quali necessitati ispiratori delle decisioni via via adottate, posto che i dati scientifici rilevano sotto il profilo della possibilitΓ  di valutare la proporzionalitΓ  e la ragionevolezza delle misure adottate rispetto agli scopi perseguiti” (cosΓ¬, e di piΓΉ, nel mio ultimo scritto, di cui sopra).

E ciΓ² ancora, giova ribadirlo, in quanto il ripetuto ultimo decreto legge, fatta significativamente scomparire la salvezza del potere di ordinanza regionale di cui all’art. 32 della l. n. 833 del 1978, invece prevista dall’abrogato primigenio D.L. n. 6 del 2020, dispone che i nuovi limiti introdotti si riferiscono a tutti gli atti posti in essere β€œper ragioni di sanitΓ  in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”, formulazione questa β€œche esprime la chiara volontΓ  del Governo di contenere l’esuberanza provvedimentale degli amministratori regionali e locali” (cosΓ¬ ancora Cestaro, cit.).

Ma tant’è; come innanzi giΓ  osservato le Regioni han ritenuto di poter reintervenire ancora β€œin contrasto” con le misure statali (librerie chiuse per lo Stato, librerie aperte per le Regioni e cosΓ¬ via di seguito senza star qui a farne il lungo elenco). Non era difficile prevedere che ciΓ² sarebbe accaduto.

E dunque, ancora tocca ricordare che siffatte situazioni:

– disorientano i cittadini, che non sanno a chi devono prestare obbedienza, non potendo ragionevolmente da loro esigersi di districarsi nei tortuosi meandri del diritto emergenziale;

– alimentano paure e panico: esco, non esco, sarΓ  multato, non lo sarΓ²?PotrΓ² raggiungere la mia libreria che non Γ¨ quella piΓΉ vicina a casa mia?;

– pongono in obiettiva difficoltΓ  le forze dell’ordine;

– da ultimo, ma non per ultimo, non aiutano i Sindaci, che sono in prima linea per assicurare l’attuazione delle misure prese ai livelli superiori.

CiΓ² detto, atteso che qui sto cercando di parlare di diritto, non posso esimermi dal precisare che, per quanto abbia a ritenere che siano illegittime le ordinanze regionali che si pongano in palese β€œcontrasto” con le misure disposte al livello statale in assenza del presupposto normativo richiesto dalla legge (dalla decretazione di urgenza), nel contempo non nutro dubbi sul fatto che siano esse a dover essere rispettate.Difatti –in mancanza di un loro annullamento in sede giurisdizionale- simili ordinanze sono ex lege da presumersi legittime, ovvero da presumersi assunte nel rispetto delle norme poste dallo Stato, cuiΒ  la Costituzione e la legge affidano, per fronteggiare l’emergenza β€œnazionale”, i poteri del β€œdictator” romano, sospendendo temporaneamente l’efficacia di quei principi su cui tutti conveniamo, senza dubbio da preservare, ma che non appaiono poter essere utilmente invocati a β€œguerra” ancora in atto.

E dunque sΓ¬, che dubbio vi Γ¨, ad affermazioni qual quella che β€œunitΓ  ed autonomia son facce della stessa medaglia, profili inseparabili di uno stesso valore che Γ¨ quello della unitΓ , ma con (cioΓ¨ attraverso) la promozione dell’autonomia” (cosΓ¬ il Prof. Antonio Ruggeri sulla Gazzetta del Sud del 10 aprile 2020).

E dunque sΓ¬ al dato, da diversi Autori sottolineato, che l’apporto delle regioni Γ¨ essenziale, quale apporto democratico in un confronto fra poteri diffusi immaginati dallo stesso Costituente.

Ma, nel contempo, un no deciso al caos, al cadere nel precipizio di Brueghel.

E dunque, da qui, l’auspicio che il Parlamento esca dal suo silenzio, sieda in permanenza, ostenti la sua presenza, schierato su quel ciglio ad impedire il precipizio.

Come? Ad esempio, iniziando, in sede di conversione in legge del decreto, a dettare norme chiare, limiti inequivoci ai poteri diffusi.

Sarebbe troppo immaginare, nella situazione che si Γ¨ venuta a creare, di fatto saltati tutti i vincoli costituzionali della β€œleale collaborazione”, una sorta di controllo preventivo, di antica memoria, capace, in era coronavirus, di coniugare autonomia ed unitΓ , subordinandosi l’efficacia dei provvedimenti regionali, e di quelli comunali a scendere pe li rami, al previo assenso dello Stato (nel caso per silentium entro un termine ristrettissimo)? Sarebbe troppo? Devo dare per scontato di star giΓ  per udire librarsi nell’aere alti lai?

Mah, se cosΓ¬ fosse, che aggiungere se non parafrasando il Poeta: β€œItalia mia, nave con troppi nocchieri in gran tempesta….”.